ARCO IUS

ARCO IUS costituisce una raccolta di giurisprudenza d'interesse consumeristico intesa per uso personale e non professionale. Non si assume alcuna responsabilità per eventuali imprecisioni errori od omissioni.
Coloro che fossero interessati a segnalarci altri provvedimenti potranno farlo inviando una mail.

Per facilitare la ricerca (i singoli posts sono inseriti in base alla data del provvedimento) utilizzare il tasto cerca e l'indice degli argomenti.

16/11/05

Trib. Milano, sent. 546/06

BOND ARGENTINI

Tribunale di Milano 16 novembre 2005.
SENTENZA N° 546/2006
R. G. N. 2939/2004
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 13/1/04 secondo il rito ordinario V. A. conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Milano la Banca *** (da ora **) per sentir dichiarare nullo e/o annullabile l’acquisto di obbligazioni Argentina 10% 97/07 acquistate in data 5/12/96 presso la Banca ** per il corrispettivo importo di £. 2.100.000.000.A sostegno della domanda l’attrice imputava alla Banca una serie di inadempimenti agli obblighi statuiti dal TUF e dai Regolamenti attuativi con riferimento alla negoziazione di cui trattasi che assumeva aver riguardato l’intero capitale di cui disponeva.La Banca si costituiva in giudizio eccependo in via pregiudiziale la mancata instaurazione del giudizio secondo le forme previste dal D.Lgs 5/2003 e contestando nel merito il fondamento delle avverse pretese e deduzioni.Il G.I., con provvedimento 10/6/2004, disponeva il mutamento del rito e la conseguente cancellazione della causa dal ruolo.Riassunto il giudizio ed instauratosi il contraddittorio, a seguito di istanza di fissazione di udienza, il Giudice relatore provvedeva come da decreto 22/3/05.Il Collegio, all’esito della discussione orale, con ordinanza depositata in data 1/7/2004, dopo aver effettuato una serie di premesse in diritto, ammetteva alcune delle prove orali dedotte dalla difesa attrice, ritenendo tuttavia inaccoglibile l’istanza di esibizione della offering circular relativa ai titoli di cui è causa perchè riferita ad una prospettazione (conflitto di interessi da collocamento) tardivamente dedotta.All’esito della espletata istruttoria, condotta dal Giudice relatore, la causa veniva nuovamente rimessa al Collegio avanti al quale i procuratori delle parti procedevano ad un’ulteriore discussione.Il Collegio si riservava di decidere.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Contrariamente a quanto in limine affermato dalla difesa attrice esiste ed è stato prodotto agli atti (cfr. doc. 2 di parte convenuta) il contratto di negoziazione (cd. master agreement).Al momento della conclusione di tale accordo (8/2/95) vigeva la L. n. 1/91 che. all’art. 6 comma 1 lett. c) prevedeva, appunto, che i rapporti con i clienti dovessero rivestire forma scritta.La negoziazione dei titoli di cui è causa è invece avvenuta in data 5/12/96 e dunque nel vigore del D.Lgs n. 415/96 (cd. decreto Eurosim) il quale (cfr. art. 66) ha pressocchè interamente abrogato la precedente normativa sostituendosi ad essa.Le norme del TUF invocate dalla difesa attrice alle pagg. 8 e ss. del proprio atto di citazione devono stimarsi pertanto del tutto inconferenti nella specie in quanto appartenenti ad un impianto normativo intervenuto successivamente ai fatti di causa (D. Lgs n. 58/98).Purtuttavia i principi generali di diligenza, correttezza, trasparenza, nonchè gli obblighi informativi e, segnatamente, la gestione dei conflitti di interesse non sono una novità del TUF che ha solo ridisegnato in modo più organico, ed in armonia con gli orientamenti comunitari e internazionali, un impianto normativo già sufficientemente completo nelle sue principali componenti (cfr. art. 6 L. n. 1/91 e art. 17 Dlg. 415/96).Ciò posto, e considerato che in tutte le disposizioni normative susseguitesi nel tempo sino all’attuale TUF il principio cardine a presidio della tutela dell’investitore è costituito dagli obblighi informativi, giova preliminarmente soffermarsi sull’argomento, non senza evidenziare che la verifica di tali adempimenti deve essere condotta in riferimento al singolo prodotto finanziario di cui si discute e contestualizzata al tempo della sua negoziazione.La vicenda che ci occupa è temporalmente collocata nel dicembre dell’anno 1996, e quindi in un’epoca di molto precedente all’abbassamento del rating del debito pubblico del paese Argentina, comunicato in modo pressocchè contestuale da Standard & Poor’s e Moody’s negli ultimi giorni di marzo 2001.Il rating che le principali agenzie internazionali (Moody’s, Standard & Poor’s, Fitch) avevano accordato alle obbligazioni argentine è stato, dal 1997 a quasi tutto l’anno 1999, “BB” (la migliore delle categorie speculative) mentre nell’ottobre 1999 è divenne “BB-“ (sempre, seppure con un lieve peggioramento, nell’ambito delle migliori categorie speculative).Solo a decorrere dal marzo 2001, e dunque a distanza di oltre quattro anni dall’acquisto effettuato dall’attrice, le agenzie declassarono il rating delle obbligazioni della Repubblica Argentina da “BB-“ a “B+” evidenziando l’accresciuta vulnerabilità dei titoli connessa alle avverse condizioni economiche, finanziarie e settoriali del Paese), sino a giungere, con ulteriori declassamenti, alla categoria “D” : default.Non può dunque imputarsi alla Banca convenuta di avere omesso di riferire notizie sulla “inaffidabilità” del titolo o su futuri sviluppi della politica economica di uno stato estero poichè tali informazioni non erano al momento disponibili presso gli analisti del settore.Quanto alla omessa informazione in ordine alla progressiva perdita di valore del titolo (cfr. citazione, pag. 10) deve rilevarsi che nessun obbligo informativo grava sull’intermediario nelle ipotesi di mera negoziazione e che la norma invocata dalla difesa attrice (che peraltro appartiene ad un Regolamento attuativo successivo al TUF e dunque inapplicabile ai fatti di causa ), riguarda il patrimonio affidato nell’ambito di una “gestione”: fattispecie del tutto estranea al caso in esame.La difesa attrice lamenta altresì la mancata consegna da parte della Banca del “prospetto” informativo relativo alle obbligazioni di cui è causa (cfr. citazione, pag. 10)Sul punto si ritiene necessaria una premessa.I prestiti obbligazionari della Repubblica Argentina sono stati emessi sull’Euromercato e sono stati assunti, inizialmente, “a fermo” da investitori istituzionali (per i quali sussiste l’esenzione ex art. 100 T.U.F., comma a, in ordine al “prospetto”) e quindi venduti ad altri intermediari e a soggetti privati.La cessione delle obbligazioni a investitori istituzionali esaurisce la fase del collocamento.Successivamente, le obbligazioni divengono negoziabili sul mercato secondario (regolamentato e/o non regolamentato) senza che sia prevista la consegna del prospetto informativo.Nè può dirsi nella specie sussistente una ipotesi di “sollecitazione” all’investimento posto che per aversi “sollecitazione” al pubblico occorre ravvisare (si è così pronunciata la Consob nella audizione 27/4/2004 alla Camera dei Deputati- Commissione Finanze):- lo svolgimento di una attività di tipo promozionale qualificabile come “offerta”, “invito ad offrire” o “messaggio di tipo promozionale”- la sussistenza di un pubblico indifferenziato di soggetti (offerta ad incertam personam)- l’adozione di modalità uniformi e standardizzateAttesa l’insussistenza di tali presupposti, Banca ** non aveva l’obbligo di rilasciare alcun prospetto informativo relativamente ai titoli di cui è causa.Le ulteriori e più interessanti problematiche relative alla violazione dei precetti contenuti nella “offering circular” ed alla negoziazione sul “grey market” risultano invece tardive perchè dedotte per la prima volta in comparsa conclusionale.In ogni caso non può essere accolta la domanda di annullamento in quanto, come già osservato nella ordinanza collegiale resa all’esito della prima udienza di discussione, non sono stati minimamte dedotti i presupposti su cui si fonda tale rimedio (essenzialità e riconoscibilità del preteso vizio del consenso) e neppure può trovare ingresso la domanda di nullità per le ragioni di seguito esposte.Ed invero, in ossequio al generale ed indefettibile principio di legalità (e, non di meno, di certezza del diritto) non appare lecito il ricorso indiscriminato alla sanzione della nullità, che costituisce il più severo rimedio civilistico, nei casi di violazione di norme comportamentali generali (di diligenza, correttezza, trasparenza, indipendenza, equità ...) che, in quanto prive di specificità, non risultano idonee ad individuare precise regole di comportamento cui unifomare la condotta dell’agente.Come già osservato da questo Tribunale in una recente sentenza, la voluta distinzione fra adempimenti prescritti a pena nullità ed altri obbligi di comportamento pure posti a carico dell’intermediario, impedisce una generalizzata qualificazione di tutta la disciplina dell’intermediazione mobiliare come di ordine pubblico e, ultimamente, presidiata dalla c.d. nullità virtuale di cui all’art. 1418 1° comma c.c. (cfr. sentenza n. 555/05 Pres. Est. Vanoni).Peraltro, non può sottacersi in proposito che la nota sentenza della Suprema Corte che ha felicemente inaugurato il tema delle “nullità virtuali” (cfr. Cass. 7/3/01 n. 3272) è stata emessa con riferimento ad una vicenda peculiare concernente l’esercizio della attività di intermediazione posta in essere da un “intermediario abusivo” e dunque in una fattispecie del tutto estranea a quella relativa agli obblighi informativi previsti dalla legislazione in materia.Da ultimo soccorre al diverso inquadramento delle fattispecie di violazione degli obblighi comportamentali l’argomento letterale desumibile dall’art. 18, comma 5 della L. n. 415/96 e dall’attuale art. 23 comma 6 del D.Lgs. n. 58/98 laddove l’inversione dell’onere probatorio viene riferito ai “giudizi di risarcimento dei danni cagionati ai clienti nello svolgimento dei servizi” (previsti dal decreto) ed è noto che il rimedio riasarcitorio non appartiene alla categoria delle nullità , che prevedeno, invero, l’effetti restitutori.Appare per contro più appropriato, ad avviso di questo Tribunale, applicare alle fattispecie di violazione delle norme comportamentali poste a carico degli intermediari finanziari (per le quali non sia stata espressamente prevista dal legislatore la sanzione della nullità) i generali principi in tema di inadempimento.Il Giudice, nell’esaminare i comportamenti tenuti dagli intermediari nelle singole fattispecie, potrà e dovrà valutare l’importanza dell’inadempimento dedotto dall’investitore, sia ai fini della condanna al risarcimento dei danni, sia ai fini della eventuale risoluzione del contratto, quando le violazioni commesse risulteranno di gravità tale da compromettere del tutto l’equilibrio del rapporto negoziale, ovvero quando, pur prescindendo dal singolo rapporto obbligatorio con l’investitore teso alla tutela del soddisfacimento del suo interesse individuale, ledono il prioritario principio della integrità del mercato.Risoluzione che, quoad effectum, si risolverà, al pari della nullità, per la sua efficacia retroattiva, nell’obbligo restitutorio.La Corte di legittimità ha significatamente rammentato come l’art. 1455 c.c. riconduca la sanzione di scioglimento del vincolo contrattuale ad una “regola di proporzionalità in virtù della quale la risoluzione del vincolo contrattuale è legislativamente collegata all’inadempimento di obbligazioni che abbiano notevole rilevanza nella economia del rapporto, avuto riguardo sia all’esigenza di mantenere l’equilibrio fra prestazioni di uguale importanza nei contratti con prestazioni corrispettive, sia all’interesse dell’altra parte che non deve essere tanto inteso in senso subbiettivo, in relazione alla stima che il creditore abbia potuto fare del proprio interesse violato, quanto in senso obiettivo, in relazione all’attitudine dell’inadempimento a turbare l’equilibrio contrattuale e a reagire sulla causa del conatrtto, e perciò sul comune intento negoziale” (così, ex plurimis, Cass. n. 5277/85).Inoltre il Giudice, dopo avere valutato l’importanza dell’inadempimento, non potrà prescindere dall’esame della entità del pregiudizio sofferto, dall’eventuale concorso di colpa del creditore (art. 1227 c.c.) e, soprattutto, dalla verifica del nesso eziologico fra inadempimento e danno in ordine al quale non può dirsi invertito l’onere della prova ai sensi dell’art. 18 comma 5 L. n. 415/96 e 23 comma 6 del T.U.F.Dovrà in particolare l’investitore provare che il danno patito è conseguenza immediata e diretta della condotta colposa dell’intermediario (ad es.dell’obbligo di informazione che assume violato) e non, semplicemente, dell’andamento sfavorevole del mercato.Nè varrebbe obiettare che, in tale prospettiva, l’inadempimento sarebbe riferito non già alle prestazioni nascenti da un contratto validamente concluso, ma con riferimento agli obblighi di informazione che devono precedere l’incontro di volontà (c.d. momento genetico del rapporto).Nessuno ostacolo si pone, infatti, nel considerare l’inadempimento in riferimento agli obblighi assunti dall’intermediario finanziario con il contratto di negoziazione (c.d. contratto quadro) quale fonte primaria degli obblighi comportamentali previsti in tema di intermediazione finanziaria e quale fonte regolatrice dei successivi rapporti.Tornando ora all’esame delle censure mosse dalla difesa attrice in ordine al comportamento tenuto dall’intermediario apprezzabile e condivisibile la doglianza concernente la non segnalata “inadeguatezza” dell’operazione di cui trattasi.Ed invero, se da un canto l’obbligo di informazione non può dirsi omesso secondo la prospettazione della difesa attrice (perchè nel 1996 il “rischio Paese” era assolutamente inapprezzabile dagli operatori economici ) e se d’altro canto difetta un sicuro nesso eziologico fra la carente informazione ed il danno da default (perchè una più compiuta descrizione sulla tipologia dello strumento finanziario, resa alla luce dei dati allora disponibili, non avrebbe ragionevolmente dissuaso l’attrice dalla scelta operata) nondimeno appare gravemente violato l’obbligo, pure posto a carico dell’intermediario, di segnalare l’inadeguatezza della operazione e di sconsigliarne la effettuazione.La Banca convenuta non ha contestato l’assunto secondo cui l’intero patrimonio liquido della attrice è stato investito in obbligazioni Argentina e per il rilevante importo di vecchie £. 2.100.000.000.L’art. 6 della L. n. 1/91 alla lett. f) espressamente prevedeva che le società di intermediazione mobiliare, nello svolgimento delle loro attività, “non devono consigliare o effettuare operazioni con frequenza non necessaria o consigliare o effettuare operazioni di dimensioni eccessive in rapporto alla situazione finanziaria del cliente “Il successivo DLgs. 415/96, all’art. 17, non ripropone esplicitamente la questione di adeguatezza, purtuttavia prescrive, alla lett e), lo svolgimento di una “gestione indipendente, sana e prudente” e l’adozione di “misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sugli strumenti finanziari e sul denaro affidati”.Inoltre, le disposizioni contenute nella precedente normativa (L. 1/91) ancorchè abrogate o sostituite , continuarono ad essere applicabili proprio alla stregua dell’art. 67 della citata legge, in quanto compatibili con la disciplina comunitaria e con le norma del nuovo decreto, sino all’entrata in vigore dei provvedimenti emanati nelle corrispondenti materie.Da ultimo, e al solo fine di evidenziare la centralità del requisito della adeguatezza (essendo la disposizione temporalmente successiva ai fatti di causa e dunque inapplicabile alla fattispecie in esame), si rammenta che l’art. 29 Reg. Consob n. 11522/99 attuativo del TUF prevede espressamente al comma 1: “Gli intermediari autorizzati si astengono dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione”; e al comma 3: “Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto, ovvero, di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute”.L’intermediario non ha dimostrato di aver segnalato l’inadeguatezza dell’investimento che, si ribadisce, ha impegnato l’intero patrimonio della attrice.L’avvertimento non risulta dall’ordine e la circostanza non può ritenersi provata alla stregua del generico contenuto del quarto capitolo articolato dalla difesa convenuta e comunque non acclarata dalla testimonianza raccolta nel corso della istruttoria.Sul punto, anzi, il sig. V. ha affermato “ non sapevo, e per lungo tempo non ho saputo, che si trattava dell’intero patrimonio della signora”.E il comportamento della banca risulta tanto più negligente e imprudente quanto più si consideri che neppure in occasione della telefonata di cui hanno riferito i testi escussi (le versioni fra teste di parte attrice e di parte convenuta sono sul punto assolutamente coincidenti) l’attrice venne consigliata di vendere i titoli al fine di alleggerire l’esposizione e procedere ad una più prudente diversificazione dell’investimento.Giova evidenziare in proposito quanto riferito dallo stesso teste di parte convenuta circa lo stato d’animo della V. “la signora era molto allarmata, direi angosciata” allorchè, nell’estate del 2001, iniziarono a circolare le prime notizie sulla crisi argentina.Ritiene conclusivamente il Tribunale che sussista un inadempimento colpevole della Banca convenuta in riferimento alla vicenda in esame, non tale da giustifiare la risoluzione del contratto (domanda, peraltro, non proposta), ma certamente idonea a fondare la pretesa risarcitoria.Per la quantificazione del danno si dispone consulenza tecnica, rimettendo la causa in istruttoria come da separata ordinanza.Spese al definitivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, non definitivamente pronunciando sulle domande proposte, rigetta la domanda di nullità e di annullamento formulate dall’attrice e relativamente alla domanda risarcitoria parimenti proposta dispone la rimessione della causa sul ruolo come da separata ordinanza.
Spese al definitivo.

Questo sito non rappresenta una testata giornalistica e viene aggiornato senza alcuna periodicità, esclusivamente sulla base della disponibilità del materiale. Pertanto, non è un prodotto editoriale sottoposto alla disciplina di cui all'art. 1, comma III della L. n. 62 del 7.03.2001. Disclaimer Informativa privacy

Informazione giuridica no profit - aggiornamento secondo disponibilità dei testi - testi di legge e sentenze privi di valore ufficiale - questo sito non presta consulenza legale on line