ARCO IUS

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20/03/08

Trib. Bari Sez. II, 20/03/2008

La disposizione dettata dall'art. 1469 bis, comma 3, n. 19, c.c., va intesa nel senso che, nelle controversie tra consumatore e professionista, vada applicata la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo della sede o del domicilio elettivo del consumatore, presumendo vessatoria la clausola che individui come sede del foro competente una diversa località. Il principio enunciato si fonda sul rilievo che la suddetta norma, presumendo nei rapporti fra professionista e consumatore la vessatorietà della clausola contrattuale che stabilisca come sede del foro competente nelle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio eletto del consumatore,ha in sostanza introdotto, un foro esclusivo, anche se derogabile a seguito di trattativa individuale (art. 1469 ter, comma 4, c.c.), che esclude in quanto tale, sia sotto il profilo dell'incompatibilità che per il principio della successione delle leggi nel tempo, ogni altro ed in particolare anche quelli di cui agli artt. 18 e 20 c.p.c., indipendentemente dalla posizione processuale assunta dal consumatore, ponendosi rispetto alla normativa codicistica come foro speciale. Se così non fosse del resto, se cioè non si ritenesse che si sia in presenza, nella materia in esame, della previsione di un nuovo foro esclusivo rispetto ad ogni altro, verrebbero frustrate le finalità di tutela processuale del consumatore perseguite con tale norma, svuotandola di significato nell'eventualità che la clausola vessatoria sia riproduttiva di una norma di legge come nell'ipotesi in cui il foro "destinatae solutionis", cui faalternativamente riferimento l'art. 20 c.p.c., coincida con la sede del "professionista". In tal caso infatti, in virtù dell'art. 1469 ter, comma 3, c.c. la clausola, in quanto riproduttiva di una disposizione di legge, non potrebbe essere considerata vessatoria in base ad un'interpretazione letterale di tale ultima disposizione. (Cass., Sez. Un., n. 14669/2003; Cass., Sez. I, n. 11282/2001)

Cass. civ. Sez. Unite Sent., 20/03/2008, n. 7444

In conformità all'art. 23 del Regolamento CE n. 44/2001, va dichiarata la giurisdizione del giudice straniero in presenza di una clausola di proroga della competenza giurisdizionale approvata espressamente per iscritto dalle parti, a condizione che la medesima non sia stata realizzata in violazione delle norme sul foro del consumatore.
(Nella specie, le S.U. hanno dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in favore del giudice spagnolo, in relazione ad un contratto col quale un medico odontoiatra aveva richiesto l'inserzione pubblicitaria della sua attività alla società, di diritto spagnolo, editrice di una guida europea di informazioni commerciali e professionali, riconoscendo la validità della clausola di proroga, ancorché approvata con l'unica sottoscrizione dell'intero contratto, ed escludendo la ricorrenza della tutela del consumatore, atteso che - sulla base al carattere vincolante della giurisprudenza della Corte di giustizia CE - per consumatore deve intendersi colui il quale stipuli un contratto per esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale). (Cassa e dichiara giurisdizione, Giud. pace Roma, 12 Novembre 2004)

11/03/08

T.A.R. Lazio Roma Sez. I Sent., 11/03/2008, n. 2220

Le norme che tutelano il consumatore dagli effetti della pubblicità ingannevole delineano una fattispecie di "pericolo", essendo preordinate a prevenire le distorsioni della concorrenza nella fase -pubblicitaria- prodromica a quella negoziale. Pertanto, non è richiesto all'Autorità di dare contezza del maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, risultando sufficiente la potenziale lesione della libera determinazione di questi.

07/03/08

T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I Sent., 07/03/2008, n. 145

Riguardo la legittimazione a ricorrere delle associazioni dei consumatori, per quanto ampia, non può tuttavia estendersi sino a ricomprendere qualsiasi attività di tipo pubblicistico che si rifletta economicamente, in modo diretto o indiretto, sui cittadini, dovendo al contrario esser commisurata solo a quegli atti che siano idonei a interferire con specificità e immediatezza sulla posizione dei consumatori e degli utenti (T.A.R. Lazio, sede Roma, sez. I, 22 febbraio 2006, n. 1371).

T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I Sent., 07/03/2008, n. 145

Le associazioni dei consumatori non possono agire in giudizio "a difesa obiettiva dell'ordinamento violato", ma solo a presidio di situazioni soggettive concretamente e direttamente incise dagli atti impugnati (Cons. St, sez. VI, 1° febbraio 2007, n. 416), a condizione, cioè, che la pretesa sia azionata a tutela di un interesse legittimo dell'associazione, che lamenti una lesione diretta ed attuale agli interessi diffusi della generalità degli associati o dei cittadini (TAR Lazio, sede Roma, sez. III-quater, 26 novembre 2007, n. 11749). Tali associazioni non possono, infine, neanche proporre appello, nel caso in cui non abbiano partecipato in alcun modo, pur avendone titolo, al giudizio di primo grado.

03/03/08

TRIBUNALE DI MILANO Sez. XI del riesame, 3/03/2008

Circolazione di prodotti d’imitazione ingannevoli e pericolosi per la salute - Configurabilità del reato (art. 5 D. Lgs. n. 73/1992) - Limiti - Fattispecie.
Il reato di cui all’art. 5 del Decreto Legislativo del 25/01/1992 n. 73, è un reato di pericolo concreto, posto a tutela dei consumatori più deboli (in particolare anziani, bambini, portatori di handicap, analfabeti...) ed è diretto a scongiurare il pericolo di incidente derivanti dalla circolazione di prodotti d’imitazione ingannevoli e pericolosi per la salute dei consumatori stessi. Tuttavia, detto reato non è configurabile quando la condotta riveste in concreto un carattere non offensivo. Fattispecie, di commercializzazione di prodotti in materiale plastico poliuretano o gomma riproducenti generi di prodotti alimentari (ad. es. frutta, pane, verdure…), ciascuno con una etichetta in quattro lingue che avvertiva della non commestibilità e che il prodotto non era destinato ad essere venduto a singoli consumatori, bensì destinati a grossisti per l’utilizzazione in composizioni e ceste di arredo decorativo, composte in modo tale che i singoli “frutti” non potevano essere staccati ed utilizzati nemmeno accidentalmente. Pres. Carfagna - Rel. Mannocci - Giud. Rizzardi - Imp. M..

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