ARCO IUS

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29/07/08

DELIBERA n. 64/08/CIR


definizione della controversia Orioli / Telecom Italia s.p.a.
L’AUTORITA’
NELLA riunione della Commissione per le infrastrutture e le reti del 29 luglio 2008;
VISTA la legge 31 luglio 1997, n. 249, “Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo”, in particolare l’articolo 1, comma 6, lettera a), n.14;
VISTA la legge 14 novembre 1995, n. 481, “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità”;
VISTO l’articolo 84 del decreto legislativo del 1° agosto 2003, n. 259, recante “Codice delle comunicazioni elettroniche”;
VISTA la delibera n.182/02/CONS “Adozione del regolamento per la risoluzione delle controversie insorte nei rapporti tra organismi di telecomunicazioni e utenti”;
VISTO il regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, approvato con delibera n. 316/02/CONS del 9 ottobre 2002, e successive modifiche ed integrazioni;
VISTA l’istanza acquisita al protocollo di questa Autorità al n. 31560 del 15.05.2007, con la quale l’utente XXX ha chiesto l’intervento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per la definizione della controversia in essere con la società Telecom Italia S.p.A.;
VISTA la nota del 25.05.2007 prot. n. 33903 con la quale la Direzione Tutela dei Consumatori ha comunicato alle parti, ai sensi dell’articolo 14 del menzionato regolamento, l’avvio di un procedimento istruttorio finalizzato alla definizione della deferita controversia, invitando le parti stesse a presentarsi per la discussione della controversia all’udienza del 13.07.2007, poi anticipata alla data del 9.07.2007;
VISTA la nota acquisita al protocollo n. 41392 di questa Autorità in data 26.06.2007 con la quale l’utente XXX ha presentato un’ulteriore memoria difensiva, ad integrazione dell’istanza introduttiva;
PRESO ATTO delle dichiarazioni rese dalla parte istante in sede di udienza e della mancata comparizione, previo avviso, della Società Telecom Italia S.p.A.;
VISTA la successiva nota acquisita al protocollo n.4349 del 29.01.2008 con la quale la Direzione Tutela dei Consumatori ha richiesto alla società Telecom Italia S.p.A., ai sensi dell’art. 17 del regolamento, di illustrare con memoria la propria posizione e di fornire ogni elemento conoscitivo utile in relazione all’oggetto della controversia ed alle istanze formulate dalla ricorrente, trasmettendo contestualmente sia la memoria depositata dall’utente sia il verbale dell’udienza svolta;
PRESO ATTO del mancato riscontro da parte di Telecom Italia alla suddetta richiesta di integrazione istruttoria;
CONSIDERATO quanto segue:
1. Oggetto della controversia e risultanze istruttorie
L’utente XXX ha chiesto all’Autorità la definizione della controversia in essere con la Telecom Italia S.p.A., avente ad oggetto, in sintesi, nella descrizione fornita dall’utente, il ritardo nell’attivazione dei servizi richiesti (voce e ADSL), richiedendo, pertanto, la liquidazione degli indennizzi previsti dalle Condizioni Generali di Contratto e dalla Carta dei servizi.
Sulla base della documentazione acquisita e delle memorie depositate è risultato quanto segue:
1. In data 27.09.2004 l’utente richiedeva alla società Telecom Italia S.p.A. l’attivazione del servizio telefonico voce nonché del servizio ADSL flat presso la propria abitazione ubicata in Trevignano Romano. A seguito della predetta richiesta, la società Telecom Italia S.p.A. comunicava l’assegnazione del numero: YYY.
2. Successivamente, l’utente –attesa la mancata attivazione dei servizi richiesti– effettuava diversi solleciti tramite il servizio clienti 187 in data 6.10.2004, 18.10.2004 e 20.10.2004.
3. Solo in data 31.12.2004 l’utente riceveva una comunicazione per la predetta utenza n. YYY nella quale Telecom Italia affermava (genericamente) quanto segue: “per la connessione tra la centrale di zona e la sede dove Lei ha richiesto l’impianto abbiamo l’esigenza tecnica di realizzare dei lavori di ampliamento della rete telefonica. La conclusione di tali lavori avverrà presumibilmente entro il 28/02/2005. Sarà nostra cura contattarLa entro il termine sopra indicato per comunicarLe la data prevista per l’attivazione del suo impianto telefonico e confermarLe il numero assegnato”.
4. In data 22.02.2005 l’utente riceveva un’altra comunicazione da parte del gestore, ancora per l’utenza n. YYY, questa volta facente riferimento alla necessità di (non meglio specificati) permessi per evadere la richiesta: “con riferimento alla richiesta per l’impianto in oggetto, La informiamo che siamo in attesa di ottenere i permessi necessari per la sua realizzazione. Pertanto non siamo in grado di attivare la Sua linea telefonica entro i termini previsti dalle Condizioni Generali di Abbonamento. Il superamento di tale difficoltà è ad oggi ipotizzabile entro il 31.03.2005. Le assicuriamo che, non appena ottenute le autorizzazioni mancanti, sarà nostra cura prendere contatto con Lei per concordare i tempi e le modalità di attivazione del collegamento richiesto e confermarLe il numero assegnato”.
5. Successivamente, con riferimento all’ utenza assegnata, l’utente non riceveva altre comunicazioni né il servizio veniva attivato. Conseguentemente, rivoltasi al servizio clienti 187, in data 21.05.2005 la sig.ra XXX richiedeva nuovamente l’attivazione dei predetti servizi ed era quindi assegnata la diversa utenza n. YYY.
6. Anche con riferimento a questa diversa utenza, con comunicazione del 31.05.2005 la società Telecom Italia S.p.A. rendeva noto di essere in attesa di (non meglio specificati) “permessi”, con testo identico a quello riportato al precedente punto 4, ma questa volta, nella missiva, la data per il “superamento della difficoltà” era lasciata totalmente in bianco. Giungeva poi – in data 9.08.2005 – un’ulteriore comunicazione nella quale era si dava atto dell’annullamento della richiesta con questa motivazione: “Non ci è stato infatti possibile procedere a causa della Sua indisponibilità a prendere contatti con noi, nonostante i nostri precedenti solleciti”.
7. Ancora su indicazione del servizio clienti 187, l’utente reiterava la richiesta di attivazione ed era quindi assegnata l’ulteriore utenza n. YYY, ma neanche questa volta il gestore procedeva all’attivazione.
8. A quel punto l’utente reiterava la richiesta di attivazione indicando un numero civico diverso da quello della propria abitazione e la società Telecom Italia S.p.A. – utilizzando una centrale che si trovava a 30 metri dall’abitazione predetta – in data 04.10.2005 procedeva infine all’attivazione dell’utenza per il servizio voce (n. YYY). La linea ADSL, invece, veniva attivata solamente in data 25.11.2005.
9. Successivamente, anche tramite un legale, l’utente richiedeva al gestore la corresponsione degli indennizzi previsti dalle Condizioni generali di contratto e dalla Carta dei servizi, ma la richiesta non aveva nessun esito. Seguiva quindi il tentativo di conciliazione dinanzi al Corecom Lazio (con esito negativo, come da verbale in atti).
10. In sede di risoluzione della controversia dinanzi a questa Autorità, l’utente ha insistito nelle proprie richieste, sia con memoria sia nel corso dell’udienza di discussione, svolta il 9.07.2007. Il gestore non è invece comparso in udienza, preannunciando la mancata comparizione con apposita comunicazione, e non ha riscontrato la successiva nota per approfondimenti istruttori.
2. Valutazioni sul caso in esame
Oggetto della controversia è il ritardo nell’attivazione dei servizi richiesti dall’utente; pertanto, ove riscontrata la fondatezza di quanto lamentato nell’istanza presentata all’Autorità, si dovrà procedere alla liquidazione degli indennizzi previsti dalla Carta dei servizi e dalle Condizioni Generali di Contratto.
Per quanto riguarda la domanda relativa al ritardo nella attivazione della linea telefonica per il servizio voce, si rileva che le CGC di Telecom Italia prevedono che: 1. Il Servizio è attivato da Telecom Italia entro 10 giorni dalla richiesta del Cliente, fatti salvi i casi di eccezionalità tecnica, (…). 2. Qualora, nei casi di eccezionalità tecnica, non sia possibile rispettare i termini concordati, Telecom Italia indica comunque la data prevista per l’attivazione del Servizio, concordando con il Cliente i tempi e le modalità di attivazione. (…). 3. Qualora per cause imputabili a Telecom Italia il Servizio venga attivato in ritardo rispetto ai tempi previsti, il Cliente avrà diritto agli indennizzi di cui al successivo articolo 26 e avrà la possibilità di richiedere il maggior danno subito, come previsto dal Codice Civile, fermo restando che Telecom Italia non sarà in alcun caso responsabile per ritardi attribuibili a forza maggiore o eventi (quali a titolo esemplificativo e non esaustivo mancato/ritardato rilascio dei permessi di scavo, autorizzazioni, ecc.) non direttamente attribuibili alla stessa Telecom Italia.
Dalla narrazione dei fatti sopra riportati si evince che la società Telecom Italia S.p.A., nel gestire le richieste dell’utente, ha ritenuto di fare un generico riferimento alla necessità di “lavori” e di “permessi” per l’ampliamento della rete telefonica e per l’attivazione dell’impianto richiesto, applicando dunque alla vicenda descritta la disciplina dei cosiddetti casi “di eccezionalità tecnica” previsti dal comma 2 della norma sopra riportata, da cui, in ipotesi, dovrebbe anche conseguire la limitazione di responsabilità prevista dal successivo comma 3 per i casi di ritardo.
L’esame del complesso della vicenda e delle singole missive inviate all’utente, però, dimostra come l’inquadramento della richiesta dell’utente nei casi di eccezionalità tecnica previsti dalle CGC sia stato meramente formale, poiché non solo non vi è traccia agli atti della effettiva necessità di lavori o permessi per l’attivazione dell’impianto richiesto (né il gestore, appositamente richiesto in via istruttoria, ha ritenuto di fornire alcun chiarimento al riguardo), ma tra l’altro, dopo l’inutile assegnazione di ben tre diverse numerazioni, per l’utente è stato invece sufficiente inoltrare la richiesta di attivazione con riferimento ad un civico diverso da quello della propria abitazione per ottenere l’attivazione nei tempi contrattuali, senza necessità di alcun ampliamento della rete o permesso.
A ciò si aggiunga, peraltro, che neanche la gestione formale del ritardo è stata correttamente svolta, poiché dopo le iniziali (generiche) comunicazioni relative alla prima numerazione assegnata, rimaste prive del dovuto seguito poiché l’utente non è stata più ricontattata dopo le date indicate, a partire dalla seconda numerazione la società Telecom Italia S.p.A. ha dapprima lasciato in bianco la data per il “superamento della difficoltà”, ha poi autonomamente fatto riferimento ad un’indisponibilità dell’utente (ma non vi è traccia né prova dei “solleciti” che il gestore avrebbe esperito, che non sono neanche stati dedotti nel corso della controversia) ed infine non risulta, per la penultima numerazione, neanche l’apertura della procedura di ritardo.
Conseguentemente, il ritardo nell’attivazione del servizio voce richiesto risulta imputabile al gestore Telecom Italia, a partire dalla scadenza del termine massimo di 10 giorni dalla prima richiesta di attivazione inoltrata dall’utente, come previsto dalle Condizioni generali di abbonamento.
Ad ulteriore riprova della responsabilità in ordine al mancato rispetto delle diverse possibili date di attivazione che in un primo momento erano state comunicate all’utente, e del fatto che il gestore non ha intrapreso le dovute attività, si sottolinea che nel corso del predetto arco temporale non risulta neanche la fatturazione dell’importo inerente al contributo di nuovo impianto, che invece avrebbe dovuto risultare imputato nei trenta giorni precedenti tali date.
Per quanto riguarda, invece, la ritardata attivazione del servizio ADSL, per l’individuazione del relativo termine massimo di attivazione, in assenza di una specifica disciplina all’epoca dei fatti nelle condizioni contrattuali del servizio, un elemento di riferimento può essere quello del più lungo termine di 30 giorni (considerata la particolarità del servizio ADSL e la sua oggettiva diversità rispetto al servizio voce) previsto nel paragrafo “ADSL residenziale” della recente versione della Carta dei Servizi di Telecom Italia e nelle attuali condizioni di contratto: “Dal giorno della registrazione dell’ordine da parte dell’operatore e a condizione che sia già attiva la linea telefonica di base RTG, il tempo massimo di attivazione del Servizio ADSL solo linea è di 30 (trenta) giorni solari. (…).
In ogni caso, considerato che l’attivazione della linea telefonica di base RTG è la condizione necessaria per l’attivazione del servizio ADSL, nella specifica vicenda qui in esame il calcolo dei predetti 30 giorni (vista la già descritta imputabilità in capo alla società Telecom Italia S.p.A. del ritardo nell’attivazione della linea telefonica di base) deve essere riferito non alla data di effettiva attivazione di tale linea (4.10.2005) bensì alla precedente data del 9.10.2004 (10 giorni dalla richiesta del 29.09.2004) in cui essa avrebbe dovuto essere attivata secondo le Condizioni generali di abbonamento se non vi fosse stato il comportamento inadempiente del gestore, poiché altrimenti gli effetti dell’accertamento di tale responsabilità sarebbero vanificati.
Ne consegue che il servizio ADSL flat richiesto dall’utente XXX, attivato solamente in data 25.11.2005, avrebbe dovuto invece essere attivato al più tardi alla precedente data dell’8.11.2004 (10 + 30 giorni dalla richiesta del 29.09.2004).
Per il computo del relativo indennizzo si dovrà infine fare riferimento al parametro previsto in generale dalle Condizioni Generali di Abbonamento per il mancato rispetto dei termini di attivazione del servizio (già nella versione vigente all’epoca dei fatti di cui si discute), pari al 50% del canone mensile per ogni giorno lavorativo di ritardo incluso il sabato, non potendo trovare applicazione il parametro specifico inserito nella Carta dei servizi e nella contrattualistica dell’ADSL in epoca successiva e considerato che, comunque, a quel tempo, le condizioni contrattuali ADSL già facevano espresso rinvio “per tutto quanto non previsto” alle Condizioni Generali di Abbonamento Telecom Italia.
RITENUTO, per quanto sopra esposto, che la ritardata attivazione dei servizi voce e ADSL flat richiesti dall’utente XXX sia derivata da un comportamento negligente esclusivamente imputabile al gestore Telecom Italia, con la conseguenza che il medesimo deve corrispondere all’utente un indennizzo proporzionato al pregiudizio subito, ai sensi dell’art.11 comma 2 della delibera n. 179/03/CSP, da calcolarsi secondo le previsioni delle Condizioni Generali di Abbonamento sia con riferimento alla ritardata attivazione del servizio voce che alla ritardata attivazione del servizio ADSL ed al parametro di indennizzo di seguito dettagliato, a prescindere, in ogni caso, dai massimali ivi previsti, poiché tali massimali violano il predetto principio di proporzionalità, da intendersi come adeguatezza e corrispondenza dell’indennizzo al pregiudizio subito (che nello specifico è stato duplice), sulla base di una serie di elementi di natura soggettiva, oggettiva e temporale;
RITENUTO infine che gli indennizzi e/o i rimborsi riconosciuti dall’Autorità all’esito della procedura devono soddisfare, ai sensi dell’art. 84 del Codice delle comunicazioni elettroniche, il requisito dell’equità e pertanto tenere indenne l’istante dal decorso del tempo necessario alla definizione della procedura;
VISTA la proposta della Direzione Tutela dei Consumatori;
UDITA la relazione del Commissario Roberto Napoli, relatore ai sensi dell'articolo 29 del Regolamento per l'organizzazione ed il funzionamento;
DELIBERA
La società Telecom Italia S.p.A. è tenuta a corrispondere, mediante assegno bancario, alla signora XXX:
- per la ritardata attivazione del servizio voce, l’indennizzo di Euro 2.185,50 computato secondo il parametro indicato dall’art. 26 delle Condizioni Generali di Abbonamento di Telecom Italia pari al 50% del canone mensile (euro 7,285 per un canone mensile voce di euro 14,57) per ogni giorno lavorativo di ritardo incluso il sabato per il periodo *9.10.2004 – 4.10.2005*;
- per la ritardata attivazione del servizio ADSL flat, l’indennizzo di Euro 6.385,00 computato secondo il parametro indicato dall’art. 26 delle Condizioni Generali di Abbonamento di Telecom Italia pari al 50% del canone mensile (euro 19,975 per un canone mensile ADSL di euro 39,95) per ogni giorno lavorativo di ritardo incluso il sabato per il periodo *8.11.2004 – 25.11.2005*.
Le somme come sopra determinate a titolo di indennizzo dovranno essere maggiorate della misura corrispondente all’importo degli interessi legali calcolati dalla data di presentazione dell’istanza di risoluzione della controversia ed è inoltre fatta salva la possibilità per l’utente di richiedere in sede giurisdizionale il risarcimento dell’eventuale ulteriore danno subito, come previsto dall’articolo 11 comma 4 della delibera n.179/03/CSP.
La società è tenuta, altresì, a comunicare a questa Autorità l’avvenuto adempimento alla presente delibera entro il termine di 60 giorni dalla notifica della medesima.
Ai sensi dell’art. 1, comma 26, della legge 31 luglio 1997, n. 249, il presente atto può essere impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, in sede di giurisdizione esclusiva.
Ai sensi dell’art. 23 bis, comma 2, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 e successive integrazioni e modificazioni, il termine per ricorrere avverso il presente provvedimento è di 60 giorni dalla notifica del medesimo.
Roma, 29 luglio 2008
IL PRESIDENTE
Corrado Calabrò
IL COMMISSARIO RELATORE
Roberto Napoli
per attestazione di conformità a quanto deliberato
IL SEGRETARIO GENERALE
Roberto Viola

Cass. SSUU 29 luglio 2008, n.20544


Patente a punti– decurtazione dei punti – sanzione amministrativa – giurisdizione del GO – impugnazione – pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta – irrilevanza – assenza corsi di recupero – rilevanza [art. 126-bis, d.lgs. n. 285/1992]

La decurtazione dei punti di patente costituisce una sanzione amministrativa conseguente alla violazione di norme sulla circolazione stradale, le cui controversie sono attratte alla giurisdizione del giudice ordinario
In caso di pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria, non è preclusa l’impugnativa della sanzione accessoria della decurtazione dei punti, in assenza dell'istituzione dei corsi per recupero del punteggio
(Fonte: Altalex Massimario)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 29 luglio 2008, n. 20544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vincenzo Carbone Primo Presidente Rel.
Dott. Giovanni Prestipino Presidente di sez.
Dott. Roberto Preden Presidente di sez.
Dott. Maria Gabriella Luccioli Consigliere
Dott. Antonio Merone Consigliere
Dott. Pasquale Picone Consigliere
Dott. Fabrizio Forte Consigliere
Dott. Ettore Bucciante Consigliere
Dott. Giovanni Amoroso Consigliere
Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro protempore, PREFETTO DI TREVISO, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, via dei Portoghesi 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende opelegis;
-ricorrenti-
Contro
G.L.
-intimato-
Avverso la sentenza n. 805/04 dei Giudici di pace di TREVISO, depositata il 28/07/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/08 dal presidente dott. Vincenzo Carbone;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale dott. Vincenzo Nardi che ha concluso per l'A.G.O., rimessione a sezione semplice per l'ulteriore corso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al giudice di pace di Treviso, L. G. proponeva opposizione avverso un verbale di contestazione di infrazione di norma sulla circolazione stradale elevato dalla Polizia stradale di Venezia il 3.7.2003, limitatamente alla sanzione di decurtazione dei punti della patente, allegando di aver provveduto alla sanzione pecuniaria.
Con sentenza del 28.7.2004, il giudice di pace accoglieva l'opposizione, ritenendo illegittima la sanzione della decurtazione dei punti, in assenza dell'istituzione dei corsi per il recupero del punteggio.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell'Interno, lamentando il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore del giudice amministrativo.
Non ha svolto attività difensiva l'intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta il di fatto di giurisdizione del giudice ordinario avverso il provvedimento di decurtazione dei punti dalla patente per infrazione stradale, a norma dell'art. 126-bis cod.strada [1], ritenendo che tale giurisdizione si appartenga al G.A.
Ritiene il ricorrente che il provvedimento di decurtazione suddetto non attenga all'accertamento della violazione stradale, venendo effettuato proprio allorché detto accertamento è ormai concluso.
2. Il motivo è infondato.
L'art. 126-bis del d.lgs. n. 285/1992 statuisce che «all'atto del rilascio della patente viene attribuito un punteggio di venti punti.
Tale punteggio, annotato nell'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida di cui agli articoli 225 e 226, subisce decurtazioni, nella misura indicata nella tabella allegata, a seguito della comunicazione all'anagrafe di cui sopra della violazione di una delle norme per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente ovvero di una tra le norme di comportamento di cui al titolo V, indicate nella tabella medesima. L'indicazione del punteggio relativo ad ogni violazione deve risultare dal verbale di contestazione.
1-bis qualora vengano accertate contemporaneamente piu' violazioni delle norme di cui al comma 1 possono essere decurtati un massimo di quindici punti. Le disposizioni del presente comma non si applicano nei casi in cui è prevista la sospensione o la revoca della patente».
Ne consegue che la decurtazione dei punti di patente costituisce una sanzione amministrativa conseguente alla violazione di norme sulla circolazione stradale.
In tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, l'opposizione giurisdizionale, nelle forme previste dagli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ha natura di rimedio generale esperibile, salvo espressa previsione contraria, contro tutti i provvedimenti sanzionatori, ivi compresi quelli di sospensione della validità della patente di guida ovvero prodromici a tale sospensione,quali quelli di decurtazione progressiva di punti (cfr. Cass. S.U. 11/02/2003, n. 1993; Cass. S.U. 07/02/2006, n. 2519; Cass. S.U. 06/02/2006, n. 2446; Cass. S.U. 19/04/2004, n. 7459).
Da tale orientamento non vi è motivo di discostarsi, anche perché un'interpretazione che escludesse la specifica tutela approntata dagli artt. 22 e 23, L. n. 689 del 1981 nei soli casi di decurtazione dei punti (che culmina nella sospensione della patente, allorché risultino esauriti tutti i punti), mentre la consentisse per la sospensione, urterebbe contro l'omogeneità del sistema sanzionatorio del codice della strada, determinando una divaricazione delle forme di tutela giurisdizionale, priva di ogni ragionevole giustificazione e, come tale, non compatibile con i principi della nostra Carta costituzionale e, segnatamente, con quelli sanciti dagli artt. 3 e 24 cost. (C. cost. 12 febbraio 1996, n. 31).
Va quindi affermata la giurisdizione dell'AGO.
3. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 204-bis cod. strada, assumendo che, effettuato il pagamento in misura ridotta, risulta esaurita l'opzione tra tale pagamento e l'opposizione, per cui quest'ultima sarebbe inammissibile.
4.1. Il motivo è infondato.
L'art. 202, c. 1., d.lgs. n. 285/1992 statuisce che «per le violazioni per le quali il presente codice stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria, ferma restando l'applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole norme».
L'art. 203, c. 1, d.lgs. n. 285/2992 statuisce che «il trasgressore o gli altri soggetti indicati nell'art. 196, nel termine di giorni sessanta dalla contestazione o dalla notificazione, qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui è consentito, possono proporre ricorso al prefetto del luogo della commessa violazione….».
L'art. 204-bis, c. 1, d.lgs. n. 285/1992 statuisce che: «Alternativamente alla proposizione del ricorso di cui all'articolo 203, il trasgressore o gli altri soggetti indicati nell'articolo 196, qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui è consentito, possono proporre ricorso al giudice di pace competente per il territorio del luogo in cui è stata commessa la violazione, nel termine di sessanta giorni dalla data di contestazione o di notificazione».
4.2. Da tale quadro normativo deriva che, in tema di sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti a violazioni del codice della strada, il «pagamento in misura ridotta» solo se effettuato nei sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione preclude, a norma degli artt. 202 e 203, primo comma, del codice della strada, il ricorso amministrativo (o giurisdizionale). Qualora, in difetto della condizione ostativa del preventivo versamento della somma, pari al minimo della sanzione, il procedimento giurisdizionale sia stato correttamente avviato, il successivo pagamento del medesimo importo, anche se avvenuto prima della scadenza del termine dei sessanta giorni, non svolge alcuna influenza sul giudizio in corso, a meno che non si accompagni ad una formale rinuncia all'impugnazione (Cass. 17/10/2005, n. 20100; Cass. n. 6167/2003).
Pertanto, quando nessun pagamento è ancora stato effettuato, il procedimento giurisdizionale è correttamente avviato, in difetto della condizione ostativa del preventivo versamento della somma, pari al minimo della sanzione; né trova in tale successivo evento motivo di improseguibilità, in quanto l'uso alternativo dei rimedi offerti dalla legge non è piu' praticabile una volta che sia stato attivato uno di essi (electa una via no datur recursus ad alteram).
4.3. Sennonché, proprio per la costruzione normativa dell'art. 202 cod. strada, secondo cui il pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa pecuniaria non influenza l'applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, per le stesse non vi è preclusione all'opposizione al prefetto o al giudice ordinario, in conseguenza dell'avvenuto pagamento in misura ridotta.
Tale pagamento in misura ridotta, infatti, comporta solo un'incompatibilità (oltre che un'implicita rinunzia) a far valere qualunque contestazione relativa sia alla sanzione pecuniaria amministrativa irrogata sia alla violazione stradale contestata (che della sanzione pecuniaria è il presupposto necessario giuridico-fattuale), ma, proprio perché il pagamento non influenza le sanzioni accessorie, non è impeditivi delle opposizioni (di cui agli artt. 203 e 204 bis cod. str.) che abbiano ad oggetto esclusivamente tali sanzioni accessorie, senza porre in discussione né la sanzione pecuniaria né la violazione contestata (ad esempio, perché la violazione già astrattamente non contemplava tale sanzione accessoria o non la prevedeva nella misura applicata).
4.4. Tanto si è verificato nella fattispecie, avendo l'opponente contestato davanti al giudice di pace non la violazione ascrittagli né la sanzione amministrativa irrogata (per la quale aveva provveduto al pagamento in misura ridotta), ma l'illegittimità della sanzione accessoria della decurtazione dei punti, in assenza dell'istituzione dei corsi per recupero del punteggio.
5. Nulla per le spese del giudizio di cassazione, non avendo l'intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2008.
Il Presidente est.
Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2008.

22/07/08

GdP Catanzaro, Sentenza 22 luglio 2008


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice di Pace di Catanzaro, avv. Caruso Michele,
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 467/08 del R.G. vertente
TRA
AVV. NUNNARI CONCETTA, nata a Catanzaro il 3.11.1967, residente in Catanzaro, Via XX Settembre, 75, ed ivi elettivamente domiciliata in Corso Mazzini, 2, rappresentata e difesa da se medesima. ATTRICE
E
OPITEL S.P.A., già Tele 2 s.p.a., con sede legale in Segrate (Mi), Via Cassanese, 210, in persona del suo Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante Avv. Saverio Tridico, rappresentata e difesa, in virtù di procura generale alle liti, dagli avv.ti Massimiliano Mostardini e Rita Tardiolo del Foro di Milano, nonché per delega a margine della comparsa di costituzione dall’avv. Nicola Gagliardi, con domicilio eletto presso il suo studio in Soverato, Via S. Giovanni Bosco, 39. CONVENUTA

OGGETTO: risarcimento danni.
CONCLUSIONI
PER L’ATTRICE: come da citazione e atti di causa.
PER LA CONVENUTA: come da comparsa di risposta e atti di causa
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, l’avv. Nunnari, conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Catanzaro, Tele 2 s.p.a., oggi Opitel s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., perché venisse condannata al pagamento della somma di € 49,50 a titolo di risarcimento del danno da ritardo, della somma di € 1,21 a titolo di interessi sulla somma di € 49,50 indebitamente incassata dalla convenuta, nonché della somma di € 950,00 a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali subiti in conseguenza dell’illegittimo comportamento della convenuta.
A fondamento della propria domanda, l’attrice, in quanto titolare dell’utenza telefonica individuata dal numero 0961/794419, in Catanzaro, assume di aver stipulato in data 09.06.2006, presso il suo studio legale con un incaricato della società Tele 2 s.p.a., un contratto con la compagnia telefonica convenuta avente ad oggetto l’abbonamento al servizio “Affari senza pensieri” e ADSL Flat 640. Detto contratto prevedeva, quale condizione imprescindibile, per la sua attivazione la preselezione automatica sulla linea dell’utente. Nonostante ciò l’attrice riceveva bollette sia da parte di Tele 2 s.p.a., con fattura n. 23417579646 di € 49,50 contenente canoni e traffico al 13.08.2006, sia da parte di Telecom s.p.a., con fattura n. 5/06 relativa al traffico telefonico per il periodo dal 01.07.2006 al 31.08.2006.
Assume l’attrice di aver constatato, in data 3.10.2006, l’assenza sulla propria linea telefonica della preselezione con l’operatore Tele 2, preselezione indispensabile per l’esecuzione del contratto stipulato in data 09.06.2006. Assume, inoltre, l’attrice che, nonostante i numerosi reclami, Tele 2 non inviava alcun riscontro ed anzi incaricava una società di recupero crediti per ottenere il pagamento delle fatture successive.
Solo in data 17.07.2007, a seguito delle insistenti proteste dell’attrice, Tele 2 s.p.a. forniva un riscontro positivo al primo dei reclami e inviava all’attrice un assegno di € 49,50.
Si costituiva la Opitel s.p.a., già Tele 2 s.p.a., precisando che il contratto sottoscritto dall’avv. Nunnari aveva ad oggetto due distinti servizi, quello di preselezione automatica e quello di ADSL, autonomi uno rispetto all’altro. Poiché il servizio di preselezione automatica non veniva attivato a causa di problemi tecnici, la convenuta provvedeva al rimborso all’avv. Nunnari della somma di € 49,50 portata nella fattura n. 23417579646 e provvedeva , altresì, a stornare le successive fatture ed a rinunciare ai relativi importi. Quanto al preteso risarcimento del danno, parte convenuta fa rilevare la mancanza di prove relativamente alla sua consistenza ed al nesso di causalità.
Al’udienza del 22 luglio 2008, su richiesta delle parti, la causa veniva trattenuta a sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda di parte attrice è fondata e merita, pertanto, di trovare accoglimento.
L’impossibilità di attivare il servizio di preselezione, necessario per l’esecuzione del contratto, ha reso illegittima la pretesa della compagnia telefonica relativa alle somme richieste. Infatti, la stessa compagnia ha riconosciuto di aver preteso somme a lei non dovute ed ha, quindi, emesso le relative note di credito. Ciò ha fatto solo dopo le insistenti proteste dell’odierna attrice e trascorsi nove mesi dal suo primo reclamo.
A norma dell’art. 9.3 delle condizioni generali di contratto “Qualora risultino importi pagati in eccesso dal cliente, verranno rimborsati entro 60 giorni dalla data di risoluzione del reclamo”. Tale termine, ampiamente non rispettato dalla convenuta, ha provocato all’attrice un pregiudizio causato dal dispendio di energie necessarie per risolvere i disguidi causati da un contratto non eseguibile e per il quale è stato richiesto indebitamente il corrispettivo, anche in considerazione della circostanza che l’attrice svolge la professione di avvocato.
All’attrice va quindi risarcito sia il danno non patrimoniale, sia il danno da ritardo e vanno riconosciuti, inoltre, gli interessi legali sulla somma indebitamente incassata dalla compagnia telefonica.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Catanzaro, avv. Michele Caruso, definitivamente decidendo,disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
Accoglie, per quanto di ragione, la domanda proposta dall’Avv. Concetta Nunnari e, per l’effetto, condanna Opitel s.p.a., già Tele 2 s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento della somma di € 49,50 a titolo di risarcimento per ogni giorno di ritardo per il rimborso delle somme indebitamente pagate.
Condanna, altresì, l’Opitel s.p.a., già Tele 2 s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in favore dell’attrice della somma di € 500,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, esistenziali e morali per danneggiamento dell’immagine subiti dall’attrice.
Su entrambe le predette somme sono dovuti gli interessi legali dalla data di citazione all’effettivo soddisfo.
Condanna, inoltre, la Opitel s.p.a., già Tele 2 s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento delle spese e competenze del giudizio che liquida in complessivi € 300,00, oltre spese generali del 12,50% nonché IVA e CPA, come per legge.
Così deciso in Catanzaro, addì 22 luglio 2008.
IL GIUDICE DI PACE
(Dott. Michele Caruso)

07/07/08

Cons. Stato Sez. VI Sent., 07/07/2008, n. 3345

Non può ritenersi che il Giudice amministrativo abbia sovrapposto un propria valutazione a quella discrezionale riservata all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell'attualizzare nozioni indeterminate di ingannevolezza del messaggio pubblicitario, enunciate in via normativa, qualora, controvertendosi sulla legittimità di un provvedimento interdittivo dell'Autorità suddetta che ha riconosciuto contrario alle regole di chiarezza e trasparenza un messaggio pubblicitario, essa abbia svolto il sindacato di legittimità in stretta aderenza al dato normativo ponendo in raffronto dati oggettivi di assoluta evidenza con le situazioni di inganno ed errore del consumatore che l'art. 2, lett. b), del D.Lgs. n. 74/1992 ha inteso prevenire.

04/07/08

G. d. P di Novara, sent. 4 luglio 2008

Giudice di Pace
Novara
Sentenza 4 luglio 2008, n. 890
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice di Pace di Novara Avv. Marino Giola
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

- omissis -
CONCLUSIONI DELL’ATTORE: “Piaccia al Giudice di Pace lll.mo:
- accertare e dichiarare che la (…) è responsabile nei confronti del proprio passeggero e cliente (…) per i numerosi ritardi, anche di oltre 30 minuti, nelle sopraccitate date e orari, dei treni nella tratta (..) – (…); per l’arrivo sul luogo di lavoro dell'attore in ritardo dì un'ora e venti minuti, e arche oltre, a causa della perdita del treno (…), provocando il malcontento di superiori, colleghi e utenti; per i1 tempo sottratto alla propria famiglia, dovendo l’attore fermarsi sul luogo di lavoro a recuperare 1e ore perse a causa dei ritardi; per lo stato di disagio, con accumulo dì stanchezza, rabbia e stress, conseguente al ritardo dei treni, al successivo ritardo al lavoro e al conseguente rimprovero dei superiori; per la mancata nomina a responsabile di servizio, con conseguente perdita di un aumento dello stipendio per un minimo di € 430,00: mensili, dovuta in parte all’inaffidabilità dell’attore sull’orario dì inizio servizio: per 1o stato di disagio derivante dalle precarie condizioni igieniche dei treni sporchi e impregnati di polvere oltre ai limiti di tollerabilità e dell’inadeguatezza della sala di attesa della stazione di (…), spesso priva di aria condizionata quando la temperatura esterna è elevata, mentre è completamente priva di riscaldamento quando la temperatura atmosferica è fredda, disagio accentuato da1 fatto che le due porte di accesso sono sempre aperte esponendo il pubblico alle correnti d'aria;
- dichiarare l’illegittimità e la nullità delle clausole vessatorie, limitative della responsabilità, predisposte unilateralmente da (…), in quanto non approvate per iscritto ai sensi dell'art. 1341 del c.c. c in quanto contrarie ai principi sanciti dal recente decreto legislativo n. 206 del 2005, denominato "Codice del Consumo" in particolare all'art. 36;
- dichiarare che la disciplina oggi applicabile al caso in esame è quella contenuta nei principi generali dettati dall’art. 1218 e 168l c.c. che, in caso di inadempimento. legittimano il passeggero al risarcimento del danno;
- disporre il risarcimento richiesto, anche qualora ì1 giudizio venga deciso secondo la ‘regolae juris'-, muovendo dalla prevalenza che la disciplina posta a tutela del consumatore deve avere rispetto alle altre norme, considerando che l’Unione Europea è univocamente orientata ne1 senso della piena tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori, soggetti contrattualmente e socialmente deboli, per cui, salvo disattendere tale orientamento in sede di interpretazione (applicazione) de1 diritto interno, la circostanza deve assumere necessariamente rilevanza e condurre anche, ove necessario, alla disapplicazione di que1le disposizioni che siano in contrasto con la normativa comunitaria;
- riconoscere il diritto al risarcimento all'attore in qualità di consumatore di un pubblico servizio, in virtù anche di quanto sancito dall'art. 101 del Codice de1 Consumo;
- decidere il caso in questione muovendo dall'applicazione in via diretta e immediata della normativa comunitaria, senza che essa possa essere subordinata all'applicazione di un giudizio equitativo;
- censurare con ogni opportuno provvedimento, 1a mancata produzione in sede stragiudiziale di documenti atti a quantificare i minuti di ritardo nonché le cause che "escluderebbero" la responsabilità della convenuta nei contestati ritardi. quando già l'attore, con raccomandate del 18 12 2006 e del 27.02.2007, aveva avanzato richiesta di risarcimento darmi nonchè, con raccomandata del 09.03.2006. chiedeva la quantificazione precisa dei muniti di ritardo dei treni in questione, favorendo nell’attore la scelta di ricorrere al giudizio;
- condannare la convenuta per l’inosservanza della legge 7 agosto 1990 n. 241 "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo di diritto di accesso ai documenti amministrativi" che statuisce una serie di obblighi al fine di rendere l’attività amministrativa economica, efficace e pubblica;
- dichiarare l’inattendibilità delle testimonianza e della documentazione prodotta dalla parte convenuta sui minuti di ritardo dei treni e sulle cause che li avrebbero determinati, in quanto sia i testi che le fonti documentali sono nettamente parziali, rappresentate da soggetti interni alla struttura del (…);
- dichiarare la contraddittorietà della stessa documentazione con quella prodotta dall'attore sempre di fonte (…);
- dichiarare la non sussistenza del caso fortuito nelle ipotesi in cui la convenuta tenta di irresponsabilizzare la propria condotta colpevole;
- dichiarare che l'attore non si è minimamente sottratto all'onere della prova e che i1 danno a lui derivante dal ritardo dei treni, nonché dalle condizioni igieniche precarie e dalle condizioni climatiche della stazione di (…) è esistenziale per il tempo sottratto alla propria famiglia, agli hobbies e al riposo con perdita della qualità della vita, è altresì esistenziale a causa dello stato d'ansia, della rabbia e dello stress, accumulati con ulteriore perdita della qualità della vita sia sui luogo del lavoro che fuori, è infine anche patrimoniale per aver ostacolato una nomina professionale con correlativo incremento della retribuzione:
- condannare la convenuta a pagate all'attore la somma di € 110.00= o quella somma maggiore o minore che emergerà in corso di giudizio. Giudicando nei limiti della propria competenza per valore Riconoscendo in termini economici all’attore. che di professione non fa l’avvocato, secondo un equo apprezzamento, l'impegno economico e temporale sostenuto per la propria difesa che comprende, fra l’altro, la richiesta di permessi giornalieri per assentarsi da1 lavoro, la redazione di atti processuali (n. tre con quello di oggi), 1a notificazione dell’atto di citazione (avvenuto in ben tre volte!), 1a costituzione in giudizio, la presenza alle udienze (sinora sei, compresa quella odierna), recandosi in (…) in tutte queste occasioni, prevenendo da (…) ove era residente fino al (…) e da (…), ove è tuttora residente”.
CONCLUSIONI DELLA CONVENUTA: "Voglia codesto Ill.mo Giudice di Pace. respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione
In via preliminare
- dichiarare l'inammissibilità delle nuove domande svolte da parte attrice nella propria memoria ex art. 320 c.p.c.. in quanto tardive;
In ogni caso
Nel merito
- respingere le domande tutte formulate dall'attore in quanto del tutto infondate in fatto ed in diritto comme esposto in narrativa, e per l’effetto condannare l’attore alle spese. Con vittoria di spese e competenze tutte di giudizio, oltre I.V.A e C.P.A. come per legge ".

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 02 07.2007 (…) conveniva in giudizio dinnanzi a questo Giudice di Pace per l’udienza del 1/10/2007 (…) per sentirla dichiarare responsabile pwer i numerosi ritardi dei treni nella tratta (…) – (…) e pertanto sentirla dichiarare tenuta al risarcimento dei danni tutti derivanti all’attore stesso da tali ritardi, sia in relazione al suo rapporto di lavoro che a tutti ì disagi anche esistenziali da lui subiti, anche a causa delle precarie condizioni igieniche dei treni sporchi oltre i limiti di tolleranza e dell'inadeguatezza della sala d’attesa della stazione di (…). Danni che quantificava nella somma di euro 1.00,00 o in quell’altra maggiore o minore accertando in corso di causa entro i limiti della competenza adita, con vittoria di spese e competenza di giudizio.
Si costituiva ritualmente 1a convenuta (…) che nella propria comparsa di risposta contestava ogni domanda attorea ritenuta infondata in fatto e in diritto, con la refusione delle spese, diritti e onorari di causa.
Autorizzalo l'attore a stare in causa personalmente ed esperito vanamente il tentativo di conciliazione, venivano tempestivamente depositate da entrambe le parti le memorie istruttorie autorizzate; dopo di che venivano ammesse ed esperite le prove orali richieste.
All'udienza de1 23.06.2008 le causa veniva trattenuta in decisione dopo che erano state definitivamente precisale le conclusioni, con il deposito dei rispettivi fascicoli e memorie conclusive.
****
Dall’esame degli atti, dei documenti di causa (in particolare i documenti n. 7 e 8 di parte attrice dichiarazioni 15/10/2006 e 28/9/2006 a firma (…)) delle dichiarazioni testimoniali assunte nelle udienze 25/2/2008 e 18/3/2008 risulta senza alcuna ombra di dubbio che quantomeno nelle giornate del 16/5/2006, 10/7/2006, 9/9/2006, 15/9/2006, 28/9/2006, 23/11/2006 e 25/11/2006, il treno (…) – (…) ha avuto notevoli ritardi per cui l’attore ha perso la coincidenza con il treno in partenza dalla stazione di (…) per (…), giungendo conseguentemente con consistenti ritardi sul proprio posto di lavoro presso il Comune di (…), con relativi disagi e negative conseguenze.
Tali ritardi – dovuti a treni in ritardo a (…), “a guasti alla vettura pilota”, a “continue aperture stotz” – devono essere sicuramente addebitati a responsabilità della convenuta (…) che, pur eseguendo la normali (“di routine”) operazioni di manutenzione, non è stata in grado di assicurare il regolare funzionamento dei treni, che, a parere di questo Giudice, è suo preciso dovere nei confronti dell’utenza.
Pure la sporcizia dei sedili (a volte anche rotti) e in genere dei treni in questione e le condizioni molto disagevoli per l’utenza nella sala di attesa della stazione di (…) (vedi dichiarazione 25/2/2008 di (…)) devono essere evidentemente addebitate alla scarsa diligenza di (…) nella manutenzione dei treni e della sala d’aspetto stessa.
Pertanto per questi fatti – e solo per questi, essendo le altre circostanze lamentate dall’attore carenti di valida prova e priva di rilevanza giuridica – deve essere affermato il diritto dell’attore ad ottenere il risarcimento dei danni da lui subiti, danni che pur esistenti non sono e non possono essere determinati nella loro precisa entità e pertanto ex art. 1226 c.c. possono essere liquidati in via equitativa in euro 500,00 con gli interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo, e comunque entro il limite massimo di euro 1.033,00.
Stante la natura e l’esito della causa, sussistono sufficienti motivi di equità e giustizia per compensare tra le parti le spese e le competenze di giudizio.

P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Novara, definitivamente pronunciando, in parziale accoglimento della domanda attorea,
CONDANNA
(…) per i motivi di cui in narrativa, a pagare a (…) la somma di euro 500,00, oltre gli interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo effettivo e comunque entro il limite di euro 1.033,00. Spese e competenze di causa compensate.
Novara, lì 23/8/2008
Il Giudice di Pace
Avv. Marino Giola

03/07/08

Corte Cass. sent. 18234/08


Incidente stradale – tamponamento a catena – veicoli in movimento – responsabilità [art. 2054, co. 2 c.c.]
Circolazione stradale, nei casi di tamponamento a catena di veicoli fermi incolonnati, vale il principio che vada addebita all'ultimo veicolo la responsabilità di tutti i tamponamenti dei veicoli precedenti. Nel tamponamento a catena di veicoli in movimento, con riguardo ai veicoli intermedi, trova applicazione la presunzione iuris tantum della colpa in eguale misura a carico di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicolo tamponato e tamponante, fondata sulla inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 3 luglio 2008, n. 18234

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C. D., proprietario e conducente del veicolo, e C. G., passeggero, pretendono il risarcimento dei danni da loro rispettivamente riportati a seguito di un tamponamento subito dalla autovettura nella quale viaggiavano.
Sostengono che, per quanto materialmente urtati dall'auto fiat X condotta dalla proprietaria M. C., il tamponamento deve essere addebitato a M. D., che, alla guida della propria auto Volkswagen X targata *******, assicurata per la r.c.a. con la società L. N. Assicurazioni, ha tamponato l'auto della M. spingendola contro il veicolo che la precedeva e per tale ragione hanno indirizzato la loro domanda risarcitoria solo contro il M. e la società che assicurava il veicolo di questo.
La domanda è stata respinta dal giudice di pace di Roma con sentenza senza successo appellata dal C. e dalla C..
Il tribunale di Roma ha, in particolare, rilevato che il tamponamento a catena non é sempre e necessariamente indice inequivoco della esclusiva responsabilità dell'ultimo veicolo della fila e che, pertanto, la responsabilità del M. non può farsi dipendere solo dal modulo cid dallo stesso sottoscritto con la M. né dal modulo cid sottoscritto dal C. e dalla M. dato che, ancorché apprezzati unitariamente, essi proverebbero solo il tamponamento a catena ma non le altre circostanze di fatto necessarie per la ricostruzione del sinistro e per addebitare al M. la responsabilità, oltre che del tamponamento dell'autoveicolo che lo precedeva immediatamente (quello, appunto, della M.), anche dell'autoveicolo che precedeva quello della M., rimanendo incerto, tra l'altro, se "l'incidente fosse o meno avvenuto in marcia".
Per altro, ha avvertito il tribunale: a) il modulo Cid può esser considerato prova legale presuntiva delle modalità del sinistro solo nei confronti "dei sottoscrittori" (e, sembra di comprendere, dei rispettivi assicuratori) e non anche dei terzi "rispetto ai quali le risultanze del modulo hanno solo un valore indiziario e sono liberamente valutabili dal giudice in concorso con altri elementi".
La sentenza é stata impugnata con ricorso per Cassazione dal C. e dalla C. che hanno, in particolare, addebitato al giudice di merito la violazione e falsa applicazione degli artt. 5 legge 26 febbraio 1977 n. 39, 2054, 2733 e 2735 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., sostenendo che il giudice di merito, pur ritenendo provato il tamponamento a catena, ha ritenuto mancante la prova del nesso di causalità tra il primo tamponamento, provocato dal M. ed i successivi tamponamenti, e quello, quindi, tra l'auto tamponata dal M. (quella, appunto, guidata dalla M.) e l'auto del C. che precedeva, evidentemente ignorando il contenuto dei diversi modelli cid e così disapplicando sia la disposizione dell'art. 5 delle legge n. 39 del 1977 che, invece, conferisce ai predetti modelli valore di prova legale nei confronti degli assicuratori dei veicoli coinvolti nel sinistro, sia il principio che riconosce alle dichiarazioni contenute nel Cid valore dì confessione stragiudiziale, sia il principio di diritto che, in caso di scontri successivi tra veicoli facenti parte di una colonna, addebita la responsabilità delle conseguenze delle varie collisioni al conducente che le abbia determinate tamponando l'ultimo dei veicoli della colonna.
La società C. Assicurazioni s.p.a., subentrata alla società L. N. Assicurazioni s.p.a., resiste con controricorso.
D. M. non ha spiegato attività difensiva. Il ricorso, trasmesso alla Procura Generale presso la Corte di Cassazione per le eventuali richieste, é stato restituito con richiesta di rigetto del ricorso in camera di consiglio per manifesta infondatezza ai sensi dell'art. 375 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Osserva la Corte che la richiesta del P.G., regolarmente notificata sia ai ricorrenti che alla controricorrente, deve essere condivisa.
Come si è detto, il tribunale non ha negato la prova del nesso di causalità tra il tamponamento
direttamente subito dall'auto del C. ma quella di un qualche sicuro collegamento causale tra questo tamponamento e quello precedente subito dal veicolo della M. perché ha ritenuto che dinamica del sinistro non può essere ricostruita in ogni particolare attraverso i moduli Cid, che descrivono solo il tamponamento a catena ma non le modalità del tamponamento e, piú in particolare, non chiariscono se il tamponamento sia avvenuto mentre i veicoli della colonna erano in movimento, e non indicano la distanza tra i diversi veicoli e la velocità eventualmente tenuta, ove fossero stati in movimento.
Nella sostanza, dunque, nonostante il riferimento, nella sentenza, al valore meramente indiziario dei moduli Cid (p. 4 della sentenza), deve ritenersi che la decisione non sia dipesa dall'apprezzamento sulla rilevanza probatoria di questi moduli né dall'apprezzamento del valore probatorio (nei confronti delle altre parti) della confessione (stragiudiziale) che, secondo i ricorrenti, sarebbe stata resa dal M. nel modulo da lui sottoscritto.
Ciò rende del tutto prive di rilevanza le due censure relative alla valenza probatoria, in questa controversia, del modulo Cid firmato dal M. e della confessione stragiudiziale che in tale modulo sarebbe contenuta e rende superflua, quindi, una più attenta disamina dell'astratta fondatezza di queste censure. Nei termini, in cui é stata dedotta, attraverso il riferimento esclusivo al vizio di violazione di legge, l'ultima censura è, invece, manifestamente infondata.
Il principio di diritto che, nei casi di tamponamento a catena, addebita all'ultimo veicolo della colonna la responsabilità di tutti i tamponamenti dei veicoli precedenti è stato affermato (e può essere condiviso) solo nei casi di tamponamento di veicoli fermi incolonnati (sent. 13 febbraio 1974 n. 358 richiamata anche nel ricorso).
Nel tamponamento a catena di veicoli in movimento trova, invece, applicazione, con riguardo ai veicoli intermedi, - e quindi con esclusione del primo e dell'ultima veicolo della colonna – il secondo comma dell'art. 2054 c.c., con conseguente presunzione iuris tantum della colpa in eguale misura a carico di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicolo tamponato e tamponante, fondata sulla inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante, qualora non sia da loro fornita la prova liberatoria di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno ed ancorché uno solo dei conducenti e/o l'autoveicolo da questi condotto abbia riportato danni (sent. 29 maggio 2003 n. 8646; sent. 10 maggio 1988 n. 3415). Nessuna presunzione legale, dunque, può essere tratta dalla disposizione dell'art. 2054 c.c. per sostenere una responsabilità esclusiva o almeno concorrente del conducente dell'ultimo veicolo tamponante per i danni conseguenti al tamponamento dell'auto che precedeva il penultimo veicolo e che da tale veicolo, e non dall'ultimo veicolo, é stato perciò tamponato.
Ciò esclude la denunciata violazione di legge e conduce al rigetto, per manifesta infondatezza del ricorso senza possibilità di verifica, in assenza dì uno specifico motivo di ricorso che inequivocamente la solleciti, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., la coerenza dell'iter logico seguito dal tribunale nell'escludere la possibilità di ricondurre anche al conducente dell'ultimo veicolo tamponante la responsabilità, almeno concorrente, della catena dei tamponamenti sulla base della massima di esperienza che insegna come il tamponamento imprima comunque una spinta al veicola che precede incrementando la sua forza cinetica.
Le spese del giudizio in cassazione debbono essere poste a carico dei ricorrenti soccombenti.
Esse si liquidano in euro 800, in esse comprese euro 700 per onorari ed euro 100 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in cassazione, che liquida, in favore della società controricorrente, in euro 800, in esse comprese euro 100 per spese ed euro 700 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile della Corte il 6 giugno 2008.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 3 LUGLIO 2008.

02/07/08

AGCOM - DELIBERA n. 56/08/CIR


definizione della controversia Bendia/ Telecom Italia s.p.a.
L’AUTORITÀ
NELLA riunione della Commissione per le Infrastrutture e le Reti del 2 luglio 2008;
VISTA la legge 31 luglio 1997, n. 249, "Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo", in particolare l’art. 1, comma 6, lettera a), n. 14;
VISTA la legge 14 novembre 1995, n. 481, "Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità";
VISTO il decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, recante il "Codice delle comunicazioni elettroniche";
VISTA la delibera n. 182/02/CONS "Adozione del regolamento per la risoluzione delle controversie insorte nei rapporti tra organismi di telecomunicazioni e utenti";
VISTO il regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, approvato con delibera n. 316/02/CONS del 9 ottobre 2002, e successive modifiche ed integrazioni;
VISTA l’istanza del 27 febbraio 2007 (prot. n. 0013415/07/NA) con la quale il sig. XXX ha chiesto l’intervento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per la definizione della controversia in essere con la società Telecom Italia S.p.a, avente ad oggetto l’indebita fatturazione di traffico internet non riconosciuto;
VISTA la nota del 29 marzo 2007 (prot. n. U/0020900/NA) con la quale la Direzione Tutela dei Consumatori ha comunicato alle parti, ai sensi dell’art. 14 del summenzionato regolamento, l’avvio di un procedimento istruttorio finalizzato alla definizione della deferita controversia, invitando le parti stesse a presentarsi all’udienza per la discussione della questione in data 11 aprile 2007;
PRESO ATTO della mancata presenza della parte istante nella predetta audizione;
UDITA la società Telecom Italia S.p.A. nell’udienza dell’ 11 aprile 2007;
VISTI gli atti del procedimento e la documentazione acquisita nel corso dell’istruttoria;
CONSIDERATO quanto segue:
I. Oggetto della controversia
Il sig. XXX, titolare dell’utenza YYY, ha rappresentato quanto segue:
1. con le fatture n. RZ01589877 del 6 febbraio 2006 e n. RZ04083542 del 7 giugno 2006 la società Telecom Italia S.p.A. addebitava all’utente la somma complessiva di euro 1107,50 (conto n. 2/06 di euro 400,00 e conto n. 4/06 di euro 707,50); la parte istante provvedeva ad un pagamento parziale pari ad euro 170,69, disconoscendo la somma di euro 936,81 in quanto inerente a traffico ADSL mai effettuato;
2. già in precedenza, con i conti n. 2/05 e n. 3/05, l’utente riscontrava un consumo anomalo rispetto al traffico normalmente addebitato; per questo contattava la società Telecom Italia S.p.A., la quale suggeriva l’attivazione della tariffa “Alice Free”;
3. nonostante l’istante avesse acconsentito all’attivazione della predetta tariffa, la società Telecom Italia S.p.A. continuava a fatturare consumi esorbitanti; in particolare, a partire dal 13 gennaio 2006, addebitava, nei conti n. 2/06 e 4/06, rispettivamente 165 ore e 302 ore di connessione, registrando, in un unico giorno, picchi di 19 ore consecutive di connessione;
4. l’utente, dopo aver contattato nuovamente l’operatore, accettava l’ulteriore proposta, formulata dalla società, di attivare la tariffa “Alice Flat”; in ogni caso, lo stesso procedeva ad un pagamento parziale delle fatture oggetto di contestazione, decurtando le somme ingiustamente addebitate, dandone puntuale evidenza ed adeguata motivazione alla società Telecom Italia S.p.A;
5. per quanto sopra esposto l‘istante ritiene legittimo il pagamento parziale delle fatture contestate non riconoscendo il traffico internet in esse addebitato.
La società Telecom Italia S.p.a, in sede di udienza, ha dichiarato quanto segue:
1. in data 15 marzo 2006 il cliente richiedeva il profilo “Alice Flat”, anche se dal 24 febbraio 2006 usufruiva del profilo “Alice Free”;
2. a seguito di formale reclamo inoltrato dall’istante, la società Telecom Italia S.p.A. accertava, mediante un controllo in centrale, la correttezza degli addebiti contestati nei conti n. 2/06 e n. 4/06.
II. Risultanze istruttorie
Sulla base della documentazione acquisita agli atti nonché nel corso dell’audizione tenutasi in data 11 aprile 2007 presso la Direzione Tutela dei Consumatori di questa Autorità, è risultato che:
a. la parte istante disconosce l’addebito di traffico internet nei conti n. 2/06 e 4/06 in quanto non corrispondente al normale consumo del servizio Adsl; in merito l’utente ha prodotto tutte le fatture emesse dall’operatore telefonico nei bimestri antecedenti nonché successivi al momento della contestazione, al fine di provare la fondatezza di quanto denunciato;
b. la società Telecom Italia S.p.A. non ha prodotto alcuna memoria esplicativa né specifica documentazione in merito a quanto sostenuto dalla parte istante; ha meramente ribadito, nel corso dell’audizione, la correttezza delle somme addebitate nei conti contestati all’esito dei controlli interni, che la società medesima dichiara effettuati, ancorché non provati in sede istruttoria.
III. Motivi della decisione
I. In via generale, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (Cass. Civ. sez. III, 17 febbraio 2006, n. 947), l’emissione della bolletta non costituisce un negozio di accertamento, diretto a rendere certa ed incontestabile l’entità periodica della somministrazione, ma solo un atto unilaterale di natura contabile diretto a comunicare all’utente le prestazioni già eseguite secondo la conoscenza ed il convincimento dell’operatore telefonico; resta dunque rettificabile in caso di divergenza con i dati reali. Tanto premesso, sussiste in capo all’operatore l’onere di provare l’esattezza dei dati posti a base della fattura nel caso di contestazione del suo ammontare da parte dell’utente (Cass. Civ. sez. III, 28 maggio 2004, n. 10313);
II. nel caso di specie la società Telecom Italia S.p.A. si è limitata a comunicare, sic et sempliciter, la correttezza degli addebiti contestati, ma non ha fornito alcun elemento probatorio idoneo a supportare la propria pretesa creditoria; né ha considerato che le connessioni internet, addebitate nei conti n. 2/06 e n. 4/06, registravano un traffico anomalo dal costo esorbitante, palesemente eccedente sia il consumo effettivo generato dall’utenza nello stesso periodo di riferimento, sia il consumo medio registrato nei periodi precedenti e successivi a quello contestato.
In merito l’utente ha dettagliatamente prodotto, nel corso dell’attività istruttoria, tutta la documentazione attestante i consumi addebitati dalla società Telecom Italia S.p.A. a partire dal conto n. 1/05, compresa l’ultima fattura relativa al periodo 01/12/06-31/01/07. Dall’analisi del carteggio emerge, in primis, un evidente squilibrio tra le somme addebitate nei conti n. 2/05 e 4/05 (euro 11.59 e 7.98) e quelle oggetto di contestazione (euro 275,70 nel conto n. 2/06 ed euro 505,30 nel conto n. 4/06). Allo stesso modo appare palese lo squilibrio esistente tra il consumo medio registrato sull’utenza interessata, che risulta pressoché costante e proporzionato in relazione al normale uso familiare del servizio Adsl, e quanto addebitato nel bimestre dicembre 2005-gennaio 2006 ovvero aprile-maggio 2006.
Di contro la società Telecom Italia S.p.A. ha ribadito la correttezza di tutti gli addebiti, considerato che le somme oggetto di contestazione attengono a collegamenti internet registrati in un lasso temporale in cui l’utente non usufruiva della tariffa Flat; pertanto le connessioni Adsl non riconosciute dall’istante sono avvenute regolarmente e fatturate tenendo conto della durata delle stesse.
Ciò non toglie che la società poteva quantomeno considerare l’effettiva ed inequivocabile sproporzione esistente tra l’ammontare dei conti n. 2/06 e n. 4/06 e le restanti fatture emesse sia prima che dopo la contestazione.
In proposito, a seguito di svariati solleciti, la società Telecom Italia S.p.A. si è limitata ad proporre all’utente un’offerta che garantisse delle connessioni meno onerose, ma non ha provveduto a verificare se effettivamente ci fosse un uso improprio ovvero fraudolento del servizio Adsl da parte di soggetti terzi;
III. questa Autorità ha più volte ritenuto, consolidando il proprio orientamento espresso a partire dalla delibera n. 10/03/CIR, che “è compito del gestore della rete assicurare tutte le misure necessarie, compatibili con l’evoluzione tecnica, atte a tutelare gli utenti da possibili furti di traffico, nonché assicurare un efficace controllo del collegamento in centrale dell’utenza”. Inoltre, conformemente a quanto pronunciato in sede giurisprudenziale, ha ribadito che “la bolletta telefonica, in caso di contestazione, perde qualsiasi efficacia probatoria e la società telefonica è tenuta a dimostrare il corretto funzionamento del contatore centrale e la corrispondenza tra i dati forniti da esso e quello trascritto nella bolletta” (delibera n. 10/05/CIR);
CONSIDERATO che la parte istante, nel contestare gli importi fatturati per traffico dati, ha dimostrato l’effettivo squilibrio esistente tra le somme contestate e quelle fatturate in relazione al normale consumo registrato sul numero di utenza in oggetto;
RILEVATO che la Telecom Italia non ha fornito un adeguato supporto probatorio comprovante la correttezza degli addebiti oggetto di contestazione;
RITENUTO, per quanto sopra esposto, che dagli atti del procedimento non risulta fondata la pretesa creditoria vantata dalla società Telecom Italia S.p.A.;
VISTA la proposta della Direzione tutela dei consumatori;
UDITA la relazione del Commissario Roberto Napoli, relatore ai sensi dell'art. 29 del Regolamento per l'organizzazione ed il funzionamento;
DELIBERA
La società Telecom Italia S.p.A, in accoglimento dell’istanza formulata in data 27 febbraio 2007 dal sig. XXX, è tenuta a provvedere allo storno dell’importo pari ad euro 936,81 quale credito residuo vantato dall’operatore e relativo al traffico internet registrato nei conti n. 2/06 e 4/06 sull’utenza n. YYY.
La predetta Società è tenuta, altresì, a comunicare a questa Autorità l’avvenuto adempimento alla presente delibera entro il termine di 60 giorni dalla notifica della medesima.
E’ fatta salva la possibilità per l’utente di richiedere in sede giurisdizionale il risarcimento dell’eventuale ulteriore danno subito, come previsto dall’articolo 11 comma 4 della delibera 179/03/CSP.
La presente delibera è pubblicata nel Bollettino Ufficiale dell’Autorità ed è resa disponibile sul sito web dell’Autorità, www.agcom.it.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 26, della legge 31 luglio 1997, n.249, il presente atto può essere impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, in sede di giurisdizione esclusiva.
Ai sensi dell’art. 23 bis, comma 2, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 e successive integrazioni e modificazioni, il termine per ricorrere avverso il presente provvedimento è di 60 giorni dalla notifica del medesimo.
Roma, 2 luglio 2008
IL PRESIDENTE
Corrado Calabrò
IL COMMISSARIO RELATORE
Roberto Napoli
per attestazione di conformità a quanto deliberato
Roberto Viola

DELIBERA n. 52/08/CIR



definizione della controversia De Molinari / Telecom Italia s.p.a.
L’AUTORITA’
NELLA sua riunione della Commissione per le Infrastrutture e le reti del 2 luglio 2008;
VISTA la legge 31 luglio 1997, n. 249, "Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo", in particolare l’articolo1, comma 6, lettera a), n.14;
VISTA la legge 14 novembre 1995, n. 481, "Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità";
VISTO l’articolo 84 del decreto legislativo del 1 agosto 2003 n° 259 recante “Codice delle comunicazioni elettroniche”;
VISTA la delibera n.173/07/CONS "Regolamento sulle procedure di risoluzione delle controversie tra operatori di comunicazioni elettroniche ed utenti";
VISTO il regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, approvato con delibera n. 316/02/CONS del 9 ottobre 2002, e successive modifiche ed integrazioni;
VISTA l’istanza del 4 marzo 2008 prot. n. 11992/08/NA con la quale l’ing. XXX, rappresentato dall’avv. XXX dell’associazione Adiconsum di Cagliari, ha chiesto l’intervento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per la definizione della controversia in essere con la società Telecom Italia S.p.A.;
VISTA la nota del 18 marzo 2008 prot. n. U/15118/08/NA con la quale la Direzione Tutela dei Consumatori ha comunicato alle parti, ai sensi dell’articolo 15 del summenzionato regolamento, l’avvio di un procedimento istruttorio finalizzato alla definizione della deferita controversia, invitando le parti stesse a presentarsi all’udienza per la discussione della controversia in data 13 maggio 2008;
UDITE entrambe le parti, come si evince dal verbale di audizione del 13 maggio 2008;
CONSIDERATO quanto segue:
1. Risultanze istruttorie
Sulla base della documentazione acquisita agli atti, nonché nel corso dell’audizione tenutasi in data 13 maggio 2008 presso la Direzione Tutela dei Consumatori di questa Autorità è risultato che:
L’ing. XXX, intestatario dell’utenza telefonica di tipo residenziale: YYY, contesta la mancata attivazione del servizio telefonico perpetrata dalla società Telecom Italia S.p.A. per oltre tre anni dalla richiesta di trasloco della predetta utenza.
In particolare l’utente ha rappresentato che:
a) nell’ultima decade del mese di aprile 2005, richiedeva il trasferimento dell’utenza telefonica: YYY dall’immobile sito in Milano alla via XXX n.15 alla nuova residenza trasferita in XXX (CA) alla Via XXX n.10;
b) decorsi dieci giorni dalla predetta richiesta, a seguito di ripetuti contatti con il 187 in ordine all’impossibilità di usufruire del servizio telefonico richiesto, la Telecom Italia S.p.A. assegnava il nuovo numero: 0781.964967 e, previo incarico alla società SIRTI, predisponeva tre interventi tecnici in loco scadenzati dal mese di maggio 2005 al mese di settembre 2005 che, tuttavia, si limitavano alla verifica della palificazione esistente e delle infrastrutture da realizzare, senza garantire l’effettivo allacciamento dell’utenza interessata;
c) a fronte dei numerosi reclami telefonici e a mezzo fax, con nota del 19 settembre 2005 la società Telecom Italia S.p.A. comunicava di essere impossibilitata all’attivazione del servizio telefonico nei termini previsti dalle condizioni generali di contratto, in quanto in attesa dei permessi necessari per la realizzazione del nuovo impianto; nel contempo, si impegnava, previa acquisizione delle autorizzazioni mancanti, a contattare l’utente per concordare i tempi di attivazione del collegamento richiesto;
d) a seguito dei continui solleciti, a distanza di oltre 3 mesi, e precisamente con nota del 4 gennaio 2006 la società Telecom Italia S.p.A. comunicava l’assegnazione di un nuovo numero telefonico:0781.964922 e la nuova data del 30 giugno 2006 di presunta attivazione dell’impianto;
e) pur tuttavia, a distanza di appena cinque giorni, con nota del 9 gennaio 2006, la società medesima, informando l’utente di essere in attesa di ottenere i permessi necessari per la realizzazione dell’impianto, ipotizzava la risoluzione delle difficoltà tecniche e amministrative entro la data del 20 luglio 2006;
f) con il perdurare del disservizio, in data 21 novembre 2006 l’utente proponeva ricorso di conciliazione in sede non contenziosa ai sensi dell’articolo 322 c.p.c., nonché successivamente in data 16 novembre 2007 esperiva tentativo obbligatorio di conciliazione ai sensi dell’articolo 3, della delibera n.173/07/CONS; ma entrambi gli strumenti di risoluzione stragiudiziale non sortivano effetto;
g) successivamente, a distanza di oltre un anno, con nota del 12 ottobre 2007 la società Telecom Italia S.p.A. aggiornava la data prevista per l’attivazione al 22 ottobre 2007, assegnando una nuova numerazione: 0781.964852 senza fornire alcuna motivazione al riguardo;
h) anche in ordine a tale ultima assegnazione, la società medesima prima con nota del 21 dicembre 2007 comunicava la necessità di lavori di ampliamento della rete telefonica da ultimarsi entro la data del 30 gennaio 2008, e poi dopo appena 3 giorni, con nota del 24 dicembre 2007 la necessità di permessi pubblici per la relativa realizzazione;
i) nonostante ciò, dalla data di richiesta di trasloco del mese di aprile 2005, la società Telecom Italia S.p.A., nonostante la mancata attivazione del servizio richiesto, continuava a fatturare il canone per un servizio non più usufruito, che veniva regolarmente quietanzato tramite domiciliazione bancaria.
· La Telecom Italia S.p.A., in sede di udienza del 13 maggio 2008, non ha fornito alcuna giustificazione in ordine alla mancata attivazione del servizio telefonico a far data dalla richiesta di trasloco dell’utenza YYY, ma si è limitata a riferire che “in considerazione della documentazione allegata agli atti, in via di componimento bonario intende abbattere e quindi rimborsare gli importi relativi ai canoni corrisposti a Telecom dall’utente. Inoltre, si impegna a riconoscere all’istante gli indennizzi per il ritardo nell’attivazione della linea telefonica, come da condizioni generali di abbonamento. Si impegna altresì a procedere all’immediata attivazione del servizio, sempre che vengano superate le difficoltà di realizzazione tecnica, come esplicitate nel corso dell’audizione”.
2. Valutazioni in ordine al caso in esame
In via preliminare, si deve evidenziare che il pregiudizio subito dall’utente, derivante dalla mancata attivazione del servizio di fonia vocale a far data dalla richiesta, inoltrata nel mese di aprile 2005, di trasloco dell’utenza in epigrafe, si è protratto per oltre tre anni, con riferimento al periodo *13 maggio 2005 – 13 maggio 2008*. Dalla copiosa documentazione acquisita agli atti, risulta che il disservizio è stato causato da scorretta gestione del cliente, per cui la piena responsabilità, in assenza di prova contraria, deve essere imputata alla società Telecom Italia S.p.A.. La medesima società, infatti, non può essere sollevata dalle responsabilità legate alla mancata risoluzione del disservizio, stante, in capo alla stessa, l’obbligo di garantire il servizio universale, in conformità al quadro regolamentare previsto dal decreto legislativo n.259/2003.
In ordine all’attivazione del servizio-contributo impianto, l’articolo 4, comma 1, delle condizioni generali di abbonamento di Telecom prevedendo che l’attivazione del servizio deve avvenire entro 10 giorni dalla relativa richiesta del cliente, fatti salvi i casi di eccezionalità tecnica, ovvero nei tempi concordati con il cliente, puntualizza al comma successivo, che “Qualora, nei casi di eccezionalità tecnica, non sia possibile rispettare i termini concordati, Telecom Italia indica comunque la data prevista per l’attivazione del servizio, concordando con il cliente i tempi e le modalità di attivazione. In tal caso, il contributo di attivazione non verrà richiesto prima di 30 giorni solari precedenti la data stabilita per l’attivazione stessa”. Tanto premesso, si deve rilevare che nel caso di specie, è intercorsa tra le parti una fitta corrispondenza, connotata da note informative inviate all’utente dalla società Telecom Italia S.p.A. che, sia pure spesso discordanti in ordine alle modalità e alle tempistiche di attivazione del servizio, hanno generato legittimo affidamento in capo all’utente. Al riguardo, va segnalata la circostanza che la società medesima, nel summenzionato arco temporale, ha comunicato per ben tre volte il cambiamento del numero telefonico da assegnare, subordinando i tempi di attivazione del servizio in un primo momento all’acquisizione di permessi “privati”, in un secondo momento all’ottenimento di permessi pubblici per la realizzazione di lavori di ampliamento della rete telefonica.
Né in sede di contestazione, né in sede di udienza la società Telecom Italia S.p.A. ha fornito la prova di eventi giustificativi, quali la forza maggiore o la responsabilità di terzi, come cause di esonero da responsabilità per inadempimento contrattuale ai sensi dell’articolo 1218 del codice civile. Dalla documentazione allegata agli atti si evince una sola nota informativa sul servizio universale del 12 dicembre 2007, prodotta da parte istante e di contro dalla stessa confutata, con la quale la società Telecom Italia S.p.A. informava il Ministero delle Comunicazioni, investito della presente vicenda, in ordine alla fattibilità tecnica ed economica dello sviluppo della rete sul lato opposto della carreggiata prevedibile nei primi mesi dell’anno 2008, previo rilascio dei permessi da parte dell’ANAS.
A riprova della responsabilità in ordine al mancato rispetto delle diverse date di attivazione, comunicate all’utente, nel corso del predetto arco temporale, sussiste, peraltro, la mancata fatturazione dell’importo inerente al contributo di nuovo impianto, che nei casi di eccezionalità tecnica, non può essere richiesto prima dei 30 giorni solari precedenti la data concordata di attivazione e che, pertanto, andava imputato nei trenta giorni precedenti le date concordate. Al riguardo, la società medesima si è limitata a fatturare dal conto n.5/05 al conto n.5/07 importi inerenti ai canoni, non dovuti in quanto relativi un servizio non più usufruito, sia pure puntualmente pagato.
CONSIDERATO che la società Telecom Italia S.p.A. non ha fornito motivazioni specifiche in ordine alla mancata attivazione del servizio da oltre tre anni dalla richiesta di trasloco del mese di aprile 2005, nè ha dimostrato “l’eccezionalità tecnica” che giustifica, ai sensi dell’articolo 4 comma 1 e 2 delle condizioni generali di abbonamento, lo “slittamento” dei 10 giorni ordinari previsti per l’attivazione del servizio, decorrenti dalla data di richiesta dello stesso;
CONSIDERATO, altresì, che la società Telecom Italia S.p.A. avrebbe dovuto, comunque, garantire la funzionalità dell’impianto a far data dal 13 maggio 2005 o diversamente, nei casi di eccezionalità tecnica, nei tempi e secondo le modalità concordate con l’utente;
RITENUTO, per quanto sopra esposto, che l’accertata responsabilità per la mancata attivazione del servizio, in assenza di qualsiasi elemento di prova, è ascrivibile esclusivamente alla società Telecom Italia S.p.A. ed in quanto tale implica la corresponsione di un indennizzo proporzionato al disservizio subito dall’utente, ai sensi dell’articolo 26 delle condizioni generali di abbonamento Telecom Italia;
RITENUTO, quindi, che il cliente abbia diritto ad essere rimborsato per le spese sostenute, a causa della summenzionata condotta omissiva, in occasione dell’esperimento del tentativo di conciliazione, nonché per l’avvio e lo svolgimento della presente procedura, equitativamente quantificabili in euro 100,00 (cento/00), ai sensi dell’articolo 19, comma 6, della delibera n.173/07/CONS;
RITENUTO che l’indennizzo e/o i rimborsi riconosciuti da questa Autorità all’esito della procedura devono soddisfare, ai sensi dell’articolo 84 del codice delle comunicazioni elettroniche, il requisito dell’equità, e pertanto tenere indenne l’istante dal decorso del tempo necessario alla definizione della procedura;
VISTA la proposta della Direzione Tutela dei Consumatori;
UDITA la relazione del Commissario Roberto Napoli, relatore ai sensi dell'articolo 29 del Regolamento per l'organizzazione ed il funzionamento;
DELIBERA
La società Telecom Italia S.p.A. è tenuta a corrispondere, mediante assegno bancario, all’utente ing. XXX, l’indennizzo di Euro 6.646,65 (seimilaseicentoquarantasei/65), computato moltiplicando l’importo di Euro 6,07, pari al 50% del canone mensile di Euro 12,14 corrisposto dall’utente per il servizio di fonia, per n. 1.095 giorni di mancata fruizione del servizio, per il periodo di riferimento *13 maggio 2005 al 13 maggio 2008*, in conformità a quanto disposto dall’articolo 26 delle Condizioni generali di abbonamento Telecom Italia, fatta salva la possibilità per l’utente di richiedere in sede giurisdizionale il risarcimento dell’eventuale ulteriore danno subito, come previsto dall’articolo 11 comma 4 della delibera n.179/03/CSP.
La società medesima è tenuta altresì a procedere alla regolarizzazione della posizione amministrativa-contabile, mediante il rimborso degli importi inerenti ai canoni indebitamente fatturati dal conto n.5/05 al conto n.5/07.
Le somme così determinate a titolo di indennizzo e di rimborso dovranno essere maggiorate della misura corrispondente all’importo degli interessi legali calcolati a decorrere dalla data di presentazione dell’istanza di risoluzione della controversia.
La predetta società è tenuta, altresì, per i fatti di cui in premessa, a corrispondere all’utente, mediante assegno bancario, la somma di euro 100,00 quale rimborso delle spese sostenute dall’utente medesimo per l’esperimento del tentativo di conciliazione e per lo svolgimento della presente procedura.
La società Telecom Italia S.p.A. è tenuta a comunicare a questa Autorità l’avvenuto adempimento alla presente delibera entro il termine di 60 giorni dalla notifica della medesima.
Ai sensi dell’art. 1, comma 26, della legge 31 luglio 1997, n. 249, il presente atto può essere impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, in sede di giurisdizione esclusiva.
Ai sensi dell’art. 23 bis, comma 2, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 e successive integrazioni e modificazioni, il termine per ricorrere avverso il presente provvedimento è di 60 giorni dalla notifica del medesimo.
Roma, 2 luglio 2008
ILPRESIDENTE
Corrado Calabrò
IL COMMISSARIO RELATORE
Roberto Napoli
per attestazione di conformità a quanto deliberato
IL SEGRETARIO GENERALE
Roberto Viola

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