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18/02/09

Trib. di Paola, Ordinanza 18.02.09


Telefonia– riparazione – gestore – responsabilità – misura cautelare

In materia di Telefonia, costituisce periculum in mora il pregiudizio derivabile dall’inadempimento del gestore del servizio di telefonia, con riferimento alle ripercussioni alla propria sfera giuridica negli specifici aspetti dei diritti alla salute, alla vita di relazione ed alla comunicazione, travalicanti, dunque il certamente leso diritto di credito.
Occorre ricordare, trattandosi di danni non patrimoniali, che essi sono risarcibili solo entro il limite segnato dall’ingiustizia costituzionalmente qualificata dell’evento di danno.

Tribunale di Paola
Sezione I Civile
Ordinanza 18 febbraio 2009
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI PAOLA
- PRIMA SEZIONE CIVILE -

Il giudice, dott.ssa Francesca Goggiamani, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 17.2.2009,
ha emesso la seguente

ORDINANZA

nel procedimento cautelare Rg 43/2009 , proposto da X.
Rilevato:
che X. ha presentato ricorso ex art. 700 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Paola per il ripristino dell’utenza telefonica della propria abitazione (0982/Y.);
che a sostegno dell’istanza deduce in punto di fumus boni iuris che la propria linea risulta fuori servizio dal 15.10.2008 e che, nonostante le ripetute segnalazioni, la Telecom Italia s.p.a. non aveva provveduto alla riparazione, perpetrando così inadempimento alle obbligazioni contrattuali cui potevano derivare pregiudizi alla controparte;
che sotto il profilo del periculum in mora ha allegato le conseguenze negative che potevano derivare dall’inadempimento, atteso che lei e il marito hanno problemi di salute e dimorano in luogo isolato e non coperto da rete mobile;
che si è costituita la Telecom Italia s.p.a. eccependo preliminarmente la avvenuta riparazione del guasto e dunque chiedendo la declaratoria di cessazione della materia del contendere e deducendo comunque nel merito l’infondatezza della domanda, posto che da un lato 3 interventi erano stati da lei eseguiti per provvedere al guasto il 24.10, il 9.11 e il 23.11.2008, con un ritardo rispetto alle previsioni delle condizioni di abbonamento di soli 7 giorni, ristorabile con l’indennizzo ivi previsto, e dall’altro che nessun pregiudizio imminente e irreparabile era riscontrabile, potendo soddisfarsi la ricorrente in via ordinaria con l’azione di risarcimento per equivalente e potendo evitare autonomamente il pericolo con sottoscrizione di contratto con altro gestore;
che nell’istruzione sommaria sono state assunte sommarie informazioni ed acquisiti i documenti prodotti.

Considerato in punto di fumus boni iuris:
in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (legale o negoziale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (v. per tutte Cassazione civile, SEZIONI UNITE, 30 ottobre 2001 n. 13533);
che secondo lo stipulato contratto Telecom è tenuta a fornire alla XXXX il servizio di telefonia fissa ed ai sensi dell’art. 7 delle condizioni generali di abbonamento è tenuta alla riparazione entro due giorni non festivi compreso il sabato, salvo per guasti di particolare complessità;
che la riattivazione della linea eccepita dalla resistente è rimasta priva di dimostrazione e, ancor prima, di tentativo di prova e piuttosto dall’informatrice condotta dalla controparte - credibile per precisione e coerenza nelle dichiarazioni - è emerso che la linea, pur a seguito delle plurime incontestate segnalazioni avvenute a partire dall’ottobre 2008 da parte dell’utente e successivamente da parte del suo legale (v. fax 17,20,25.11, 15,23.12.2008) continua a non funzionare in chiamata e ricezione, pur risultando libera se contattata;
che il Gestore, che non ha fornito prova degli allegati interventi su pali e cavo, non ha di certo provveduto ad inviare alcun tecnico nella abitazione, accontentandosi di riscontrare che la linea chiamata risultasse libera;
che tale comportamento non risulta consono alla diligenza del professionista e che, pertanto, inadempiente risulta la resistente;
che il comportamento del gestore non risulta altresì rispettoso dell’obbligo di buona fede su di lui incombente per la protezione degli interessi del creditore diversi da quelli strettamente contrattuali, e specificamente di quello alla salute, posto che delle proprie condizioni di malattia la X. con diversi fax aveva edotto la controparte e che successivamente a tale informazione nessun comportamento attivo il debitore ha perpetrato (v. Cass. civ., sez. II, 16/11/2000, n.14865);
che all’azione di adempimento ex art. 1453 c.c. può accompagnarsi l’azione risarcitoria come preannunciato dalla X.;

Considerato in punto di periculum in mora:
che paventa quale pregiudizio derivabile dall’inadempimento del gestore del servizio di telefonia ripercussioni alla propria sfera giuridica negli specifici aspetti dei diritti alla salute, alla vita di relazione ed alla comunicazione, travalicanti, dunque il certamente leso diritto di credito;
che occorre ricordare, trattandosi di danni non patrimoniali, che essi sono risarcibili solo entro il limite segnato dall’ingiustizia costituzionalmente qualificata dell’evento di danno;
che è emerso dall’istruttoria sommaria che: -) la X., sessantenne, ed il marito, settantenne, dimorano in casa di campagna, isolata e distante 7 km dal centro isolato; -) che gli stessi hanno problemi di salute (v. certificati medici); -) che il solo marito, da poco operato al ginocchio, guida e -) che la zona è priva di copertura di telefonia mobile;
che il protrarsi dell’inadempimento e la violazione dell’obbligo di buona fede in senso protettivo potrebbe, alla luce di tutte queste circostanze di fatto, arrecare danni al diritto (costituzionale) alla salute ed incolumità della coppia di anziani;
che il ristoro dei pregiudizi alla salute non è, per definizione, pienamente ristorabile con il risarcimento per equivalente;
che le condizioni concrete di età e di salute della X. e del marito, il luogo ove dimorano e le condizioni della stagione in corso rendono concreto il pregiudizio paventato, non potendo essi chiamare soccorso in caso di necessità;
che la soluzione prospettata dalla Telecom di evitare da parte dell’istante il pericolo lamentato ricorrendo alla conclusione di contratto con altro gestore telefonico non appare escludere la concedibilità della tutela cautelare, considerati i relativi tempi di attesa;
Ritenuto:
che sussistono i presupposti per la fase cautelare;
che le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo come da nota (sottratte dai diritti le voci precisazione della conclusioni e esame delle conclusioni avversarie, stante il rito cautelare)

P.Q.M.

Il Tribunale di Paola sul ricorso cautelare di cui in epigrafe così provvede:
condanna la Telecom Italia s.p.a. all’immediata riparazione dell’utenza telefonica n. 0982/******* intestata a X. con invio di tecnici presso l’abitazione;
condanna la Telecom Italia s.p.a. a rifondere a X. le spese di lite che liquida in €. 2.046,78 di cui €. 235,78 per spese, €. 836 per diritti, €. 975 per onorari ed oltre spese generali, iva e cpa come per legge.
Paola, 18 febbraio 2009
Il Giudice Monocratico dott. Francesca Goggiamani

13/02/09

Cass. SENTENZA N. 3532 DEL 13 FEBBRAIO 2009




CONTRATTI – CONTRATTO TELEFONICO - DOCUMENTAZIONE DEI CONSUMI - SPESE DI SPEDIZIONE DELLA FATTURA

La S.C. ha escluso che le spese di spedizione della fattura relative al consumo telefonico possano rientrare tra quelle relative alla “emissione della fattura” ed ai “conseguenti adempimenti e formalità” (spese che la disciplina dell’IVA, di cui al d.P.R. n. 633 del 1972, prevede che gravino sull’impresa telefonica, escludendole dalla base imponibile), ed ha rimesso al giudice di rinvio di valutare se sia valida la clausola contrattuale che addossi al cliente tali spese di spedizione della fattura.

Corte Cass. sent. 3532/09


Fattura - spedizione - pagamento - legittimità - sussistenza [art. 21, Legge I.v.a.]

Le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo, secondo la legge; tuttavia, la spedizione della fattura non si presta ad essere ricondotta all'operazione di emissione.
Se le parti prevedono come forma di consegna della fattura la sua spedizione ed il costo ne è anticipato da chi la emette, il relativo rimborso non fa parte della base imponibile.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 13 febbraio 2009, n. 3532

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLO VITTORIA - Presidente - est.Dott. MAURIZIO MASSERA - Consigliere
Dott. ALFONSO AMATUCCI - Consigliere
Dott. ROBERTA VIVALDI - Consigliere
Dott. RAFFAELE FRASCA - Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 1429-2006 proposto da TELECOM ITALIA SPA, in procuratore speciale avv. Giovanni Venditti, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MERCADANTE 9, presso lo studio dell'avvocato CASTELLI AVOLIO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati SCOZZAFAVA OBERDAN TOMMASO, VIOLA GIUSEPPE, ARIETA GIOVANNI giusta procura in calce al ricorso;
contro- ricorrente -- Intimato -avverso la sentenza n. 443/2005 del TRIBUNALE di PAOLA, prima sezione civile, emessa il 15/06/2005, depositata il 29/08/2005, R.G.856/04;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/11/2008 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;udito l'Avvocato Giuseppe AVOLIO CASTELLI, Tommaso Oberdan SCOZZAFAVA, Giovanni ARIETA e Filippo SATTA; udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. DOMENICO IANNELLI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. - .ha convenuto davanti al giudice di pace di Paola la società Telecom Italia s.p.a.Ne ha domandato la condanna a restituirgli le somme, che nel tempo gli erano state addebitate come spese di spedizione postale della fattura dei costi del servizio telefonico.Ha sostenuto che l'addebito di quelle spese era in contrasto con quanto disposto dall'art. 21, ottavo comma, d.P.R. 26 agosto 1972, n. 633, la legge sull'iva, oltre che con gli artt. 1175, 1176 e 1375 cod. civ. e con l'art. 1, comma 2, lett. e) L. 30 luglio 1998, n. 281, sulla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti.La Telecom ha chiesto il rigetto delle domande.Il giudice di pace l'ha accolta, con sentenza 17.5.2004, che è è stata confermata dal tribunale di Paola.2. - La sentenza 29.8.2005 del tribunale è stata notificata il 4.11.2005 e la Telecom ne ha chiesto la cassazione con ricorso, la cui notifica, domandata il 30.11.2005, è stata eseguita a mezzo del servizio postale il 5.1.2006, con consegna a mani di ... , procuratore domiciliatario dell'attore nel giudizio di appello.- non ha svolto attività di difesa. La Telecom ha depositato una memoria.
Motivi della decisione
1. - Il tribunale ha deciso applicando la disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'art. 21 della legge sull'iva.La disposizione, insieme ad altre integrative e correttive del decreto 633 del 1973, vi è stata introdotta dal d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 687 e vi si è stabilito che .Scopo della norma è di segnare la distinzione tra ciò che fa capo all'operazione commerciale ed è valutabile come sua base imponibile per l'applicazione dell'imposta e della rivalsa e ciò che pertiene alla fatturazione dell'operazione, che il legislatore ha voluto restasse estraneo sia all'applicazione dell'imposta sia alla rivalsa.Ciò posto, è giustificato chiedersi se la spedizione della fattura - che può esserci come non esserci - per l'ipotesi in cui c'è, sia stata presa in considerazione dal legislatore come aspetto della fatturazione, il cui costo si è voluto come gli altri lasciare a carico di chi cede il bene o presta il servizio, o se, non potendo però essere considerata la spedizione della fattura una componente degli obblighi contrattuali di chi cede il bene o presta il servizio, il legislatore tributario non si sia solo limitato a non comprenderlo nella base imponibile.Sicché è rimasta al diritto civile ed alla volontà delle parti la disciplina della sopportazione del suo onere.Orbene, l'interpretazione letterale delle disposizioni dettate nell'art. 21 della legge iva a disciplina della fatturazione delle operazioni non somministra dati univoci a favore della prima conclusione, che è l'esito al quale è pervenuto il tribunale.La spedizione della fattura non si presta ad essere ricondotta all'operazione di emissione per il fatto che l'ultimo periodo del primo comma dell'art. 21 reciti, che .Posto che in base all'art. 21, quarto comma, e 6 della legge la fattura va emessa nel momento in cui l'operazione commerciale è o si considera eseguita, scopo della disposizione è individuare in quale momento la fatturazione si ha per effettuata: consegna o spedizione della fattura non costituiscono un segmento della fatturazione, ma il momento fino al quale e prima del quale non si può considerare compiuta.Né si riesce a cogliere per quale ragione, una volta avvertita dal legislatore l'esigenza di apportare una correzione al testo originario dell'art. 21 e di apportarla proprio perché la pretesa di trasferire sui clienti i costi della operazione di fatturazione manifestava d'essere d'ostacolo all'applicazione dell'imposta non si sarebbe scelta la via del parlare chiaro (id est: Le spese di emissione, consegna o spedizione della fattura e dei conseguenti adempimenti . . .) e si sarebbe scelta la criptica via di affidare l'espressione della volontà normativa ad una disposizione capace di prestarsi ad una diversa interpretazione e questo proprio nel momento in cui il legislatore avrebbe mostrato di voler in particolare soffermarsi sul ruolo della consegna della fattura e su quello succedaneo della consegna nel quadro della fatturazione.E per le stesse ragioni, non appare condivisibile l'operazione ermeneutica per cui consegna o spedizione - alla ricerca di una collocazione purchessia - andrebbero allora ricondotte almeno ai conseguenti adempimenti e formalità di cui si parla nel seguito della disposizione.
Per converso, le norme che nella legge iva determinano la base imponibile e le esclusioni del computo della base imponibile permettono di ritenere che, se le parti prevedono come forma di consegna della fattura la sua spedizione ed il costo ne è anticipato da chi la emette, il relativo rimborso non fa parte della base imponibile (art. 15 n. 3 della legge iva).A questo riguardo, si deve considerare che, in rapporto all'art. 1182 cod. civ., l'obbligazione di pagamento del costo del servizio telefonico va adempiuta al domicilio del creditore né importa che non sia già conosciuta dal debitore, bastando ai fini j della applicazione del terzo comma dell'art. 1182 cod. civ. che la somma dovuta alla scadenza sia determinabile in base ai criteri stabiliti nel contratto.
E perciò se le parti si accordano invece nel senso che il pagamento possa essere fatto dall'utente dietro ricevimento della-fattura che a spese dell'utente e mediante spedizione per posta'' gli è inviata dal gestore, questa spesa che per contratto deve ; essere sopportata dall'utente è anticipata dal gestore e così rientra tra quelle cui si applica l'art. 15 n. 3 della legge iva.
4. - Fondato è di conseguenza anche il terzo motivo, con il quale la Telecom torna a denunziare la violazione dell'art. 21, comma ottavo, del D.P.R. 26.10.1972, n. 633, mentre resta assorbito il quarto con cui è denunziato un motivo di falsa applicazione dell'art. 21, comma ottavo, che, nella interpretazione accolta dal tribunale, è considerato viziato da violazione degli artt. 41 e 76 Cost. per eccesso rispetto alla legge di delega, la L. 9 ottobre 1971, n. 825.5. - Resta da esaminare il secondo motivo.La cassazione vi è chiesta per il vizio di violazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione all'art. 21, comma 8°, D.P.R. 633 del 1972; dei DD.PP.RR. 29 marzo 1973 n. 156, 13 agosto 1984 n. 523 e D.M. 8.3.1997 n. 197, con particolare riguardo all'art. 53).La ricorrente osserva che, dopo l'entrata in vigore della legge iva, è stato emanato il D.P.R. 29 marzo 1973, n. 186 - il T.U. delle disposizioni in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni - che, all'art. 2 stabilisce che .Il successivo art. 194 T.U. (condizioni, limiti, diritti ed obblighi del concessionario) prevede che .In attuazione di tale disposizione del T.U. sono stati emanati il D.P.R. 13 agosto 1984 n. 523, relativo all'approvazione ed esecuzione delle convenzioni per la concessione dei servizi di telecomunicazione ad uso pubblico delle società , e il D.M. 8 marzo 1997 n. 197, concernente il regolamento di servizio e le condizioni di abbonamento al servizio telefonico.L'art. 53 di detta convenzione - prosegue ancora la ricorrente - dispone che .Osserva al riguardo la Corte, che, escluso, in accoglimento del primo e terzo motivo, che la questione oggetto della causa, trovi la sua soluzione nell'art. 21, ottavo comma, della legge iva, non spetta alla Corte e sarà compito del giudice di rinvio saggiare, in rapporto all'art. 53 della convenzione, la efficacia della clausola contenuta nelle condizioni generali di abbonamento, secondo la quale - come è notorio, ma è incontroverso - le spese postali di spedizione della fattura sono addebitate al cliente. E ciò in relazione al fatto che, formulando la clausola delle condizioni generali di contratto in modo da collegare l'obbligo dell'utente di pagare le spese di spedizione postale alla sola condizione di riceverla, la Telecom mostra di non aver trasfuso nel suo contenuto la salvezza di quella facoltà - che l'utente ha ed alla quale la Telecom si è invece più volte richiamata nei suoi scritti difensivi - di scegliere modalità alternative dì ricezione ed in particolare quella del ritiro presso gli uffici della stessa Telecom, cui si è ora venuta ad aggiungere la trasmissione telematica {sulle possibili conseguenze della mancata osservanza, nella conclusione del contratto, di norme di comportamento poste a tutela di diritti dell'altra cfr. Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007 n. 26724).Sicché anche il secondo motivo resta assorbito.6. - La sentenza è cassata.La causa è rinviata al tribunale di Paola, che ne giudicherà in persona di diverso magistrato.7. - I diversi orientamenti maturati dai giudici di primo grado in questo vasto contenzioso giustificano che le spese del giudizio di cassazione siano dichiarate compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e terzo motivo, dichiarati assorbiti gli altri, cassa e rinvia al tribunale di Paola in persona di diverso magistrato; dichiara compensate le spese del giudizio di cassazione.Così deciso il giorno 19 novembre 2008, in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione.

Il presidente, relatore ed estensore
Paolo Vittoria.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA oggi 13 FEB. 2009.

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