ARCO IUS

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25/07/07

CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. Un. Civ. del 25/07/2007, Sentenza n. 16412

Tributi - Procedimento di riscossione - Avviso di mora - Presupposti - Notifica dell’atto impositivo - Necessità - Cartella di pagamento - Omissione della notifica - Effetti.
Nel vigore della disciplina del procedimento di riscossione mediante ruoli anteriore al d.lgs. n. 46 del 1999, le Sezioni Unite hanno stabilito che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa. Nella predetta sequenza, l’omissione della notificazione di un atto presupposto - la cartella di pagamento - costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale - l’avviso di mora - notificato e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta o di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto consequenziale notificatogli - rimanendo esposto all’eventuale successiva azione dell’amministrazione, esercitabile soltanto se siano ancora aperti i termini per l’emanazione e la notificazione dell’atto presupposto - o di impugnare cumulativamente anche quest’ultimo (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria: con la conseguenza che spetta al giudice di merito interpretare la domanda proposta dal contribuente al fine di verificare se egli abbia inteso far valere la nullità dell’atto consequenziale in base all’una o all’altra opzione. Inoltre, le Sezioni Unite hanno anche precisato che l’impugnazione avverso l’avviso di mora emesso dal concessionario alla riscossione, deducendo la omessa notifica della cartella di pagamento, può essere promossa dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore (allo scopo di renderlo partecipe della responsabilità della gestione del processo); di conseguenza è ammissibile il ricorso per cassazione promosso dal contribuente nei solo confronti della Amministrazione finanziaria, ancorché il concessionario fosse parte nel giudizio di merito.

24/07/07

CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 24/07/2007 (Ud. 22/03/2007), Sentenza n. 16315

Totale impossibilità sopravvenuta della prestazione - Impedimento assoluto ed oggettivo, a carattere definitivo - Natura - Effetti - Estinzione dell'obbligazione e risoluzione del contratto - C.d. sinallagma funzionale - Impossibilità parziale - Natura - Effetti - Riduzione della controprestazione o al diritto al recesso - Sopravvenuta impossibilità della esecuzione della prestazione.
La totale impossibilità sopravvenuta della prestazione (art. 1463 c.c.), che consiste in un impedimento assoluto ed oggettivo, a carattere definitivo, della prestazione (v. Cass., 16/2/2006, n. 3440; Cass., 22/10/1982, n. 5496; Cass., 6/2/1979, n. 794; Cass., 27/6/1978, n. 3166; Cass., 8/10/1973, n. 2532; Cass., 14/10/1970, n. 2018; Cass., 29/10/1962, n. 3076), integra infatti un fenomeno di automatica estinzione dell'obbligazione e risoluzione del contratto che ne costituisce la fonte ai sensi degli artt. 1463 e 1256, 1° co., c.c. (v. Cass., 28/1/1995, n. 1037; Cass., 9/11/1994, n. 9304; Cass., 24/4/1982, n. 548; Cass., 14/10/1970, n. 2018), in ragione del venir meno della relazione di interdipendenza funzionale in cui la medesima si trova con la prestazione della controparte c.d. sinallagma funzionale), a tale stregua conseguendo la irrealizzabilità della causa concreta del con tratto (cfr. Cass., 24/4/1982, n. 2548; Casa., 15/12/1975, n. 4140; Cass., 26/3/1971, n. 882; Cass., 14/4/1959, n. 1092; Cass., 26/3/1954, n. 894). L'impossibilità parziale (art. 1464 c.c.) consiste invece nel deterioramento della cosa dovuta, o più generalmente nella riduzione materiale della prestazione (cfr. Cass., 10/4/1995, n. 4119) che dà luogo ad una corrispondente riduzione della controprestazione o al diritto al recesso per la parte che non abbia un apprezzabile interesse al mantenimento del contratto, laddove la prestazione residua venga a risultare incompatibile con la causa concreta del contratto (cfr. Cass., 15/12/1975, n. 4140). Diversamente da tale ipotesi, l'impossibilità di utilizzazione della prestazione non viene in realtà a sostanziarsi in un impedimento precludente l'attuazione dell'obbligazione, non presupponendone di per sé l'obiettiva ineseguibilità da parte del debitore. Pur essendo la prestazione in astratto ancora eseguibile (cfr. Cass., 27/9/1999, n. 10690), il venir meno della possibilità che essa realizzi lo scopo dalle parti perseguito con la stipulazione del contratto (nel caso, lo «scopo di piacere» in cui si sostanzia la «finalità turistica»), essa implica il venir meno dell'interesse creditorio, quale vicenda che attiene esclusivamente alla sfera del creditore. Nelle ipotesi in cui la prestazione diviene impossibile l'obbligazione si estingue per il concorso delle due cause estintive, l'impossibilità sopravvenuta della utilizzabilità della prestazione estingue invero il rapporto obbligatorio per il venir dell'interesse creditorio, e di conseguenza il contratto che dell'obbligazione costituisce la fonte per irrealizzabilità della relativa causa concreta. La sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione deve dunque distinguersi dalla sopravvenuta impossibilità della esecuzione della prestazione (v. peraltro ancora Cass., 2/5/2006, n. 10138) di cui agli artt. 1463 e 1464 c.c. (v. Cass., 16/2/2006, n. 3440; Cass., 28/1/1995, n. 1037). Sicché, va pertanto affermato che l'impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore, pur se normativamente non specificamente prevista, costituisce -analogamente all'impossibilità di esecuzione della prestazione- (autonoma) causa di estinzione dell'obbligazione (v.. Cass., 9/11/1994, n. 9304). Presidente F. Trifone, Relatore L. A. Scarano.

CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 24/07/2007 (Ud. 22/03/2007), Sentenza n. 16315

Contratto di viaggio vacanza “tutto compreso” c.d. “pacchetto turistico” o package (previsto dal d.lgs. n. 111/1995 ed ora trasfuso negli artt. 82 ss. d.lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del Consumo) - Natura e funzione - Distinzione dai contratti di: organizzazione, intermediazione e viaggio - Elemento di qualificazione - Impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore - Effetti - Fattispecie - L. n. 1084/1977.
Nel delineare i caratteri e la funzione del contratto di viaggio vacanza “tutto compreso” (c.d. “pacchetto turistico” o package), distinguendolo dal contratto di organizzazione (artt. 5 ss.) o di intermediazione (art. 17 ss.) di viaggio (CCV) di cui alla Convenzione di Bruxelles del 1970 (resa esecutiva con L. 27 dicembre 1977, n. 1084), e nel porre in rilievo che la causa concreta assume rilievo, oltre che come elemento di qualificazione, anche relativamente alla sorte del contratto, quale criterio di relativo adeguamento. Pertanto, l’impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore, pur se normativamente non specificamente prevista, è da considerarsi causa di estinzione dell’obbligazione, autonoma e distinta dalla sopravvenuta totale (art. 1463 c.c.) o parziale (art. 1464 c.c.) impossibilità di esecuzione della medesima. In specie, l'epidemia di dengue emorragico costituisce infatti evento determinante non già il deterioramento o la riduzione della prestazione (v. Cass., 17/7/1987, n. 6299) bensì il venir meno del normale standard di sicurezza sanitaria del luogo di esecuzione della prestazione turistica. Fattispecie: scioglimento del contratto di package avente ad oggetto un viaggio vacanza di due settimane per due persone a Cuba, essendo ivi in atto un’epidemia di dengue emorragico, sicchè i turisti, in accordo con l’agenzia di viaggi, avevano optato per diversa destinazione, nonché di rigetto della domanda di pagamento dell’indennità per il recesso formulata dal tour operator. Presidente F. Trifone, Relatore L. A. Scarano.

CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 24/07/2007 (Ud. 22/03/2007), Sentenza n. 16315

Contratti viaggi vacanze “tutto compreso” - C.d. “pacchetto turistico o package” (previsto dal d.lgs. n. 111/1995 ed ora trasfuso negli artt. 82 ss. d.lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del Consumo) - Causa concreta - Finalità turistica o scopo di piacere - Irrealizzabilità per sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione - Risoluzione - Art. 1174 c.c..
Nel contratto di viaggio vacanza “tutto compreso” (c.d. “pacchetto turistico” o package), caratterizzato dalla prefissata combinazione di almeno due degli elementi costituiti dal trasporto, dall’alloggio e da servizi turistici agli stessi non accessori (itinerario, visite, escursioni con accompagnatori e guide turistiche, ecc.) costituenti parte significativa di tale contratto, con durata superiore alle 24 ore ovvero estendentesi per un periodo di tempo comportante almeno una notte, la "finalità turistica" (o "scopo di piacere") non costituisce un irrilevante motivo ma si sostanzia nell’interesse che lo stesso è funzionalmente volto a soddisfare, connotandone la causa concreta. Ne consegue che la irrealizzabilità di tale finalità per sopravvenuto evento non imputabile alle parti determina, stante il venir meno dell’elemento funzionale dell’obbligazione costituito dall’interesse creditorio (art. 1174 c.c.), l’estinzione del contratto per sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione, con esonero delle parti dalle rispettive obbligazioni. Presidente F. Trifone, Relatore L. A. Scarano.

18/07/07

Tribunale di Roma, sentenza 10006/07 del 18/5/07

Bond argentina
In nessun caso gli intermediari sono esonerati dall'obbligo di valutare l'adeguatezza dell'obbligazione disposta dai clienti, neanche nel caso il cliente si sia rifiutato di fornire informazioni sulla propria situazione finanziaria / la conoscenza degli strumenti finanziari e dei mercati (rapportata alla tipologia di risparmiatore) non può far venir meno gli obblighi di diligenza posti a carico della banca / la Banca è condannata al risarcimento dei danni subiti dagli attori.

04/07/07

Tribunale di Roma, sentenza 13720/07 del 4/7/07

se il profilo di rischio dell'attore e quello del titolo non collidono, l'operazione non è adeguata / la banca deve informare in modo chiaro sulla tipologia del titolo venduto senza usare clausole di stile inidonee ad informare il cliente sulla rischiosità dei titoli / la banca è condannata al risarcimento danni oltre alla rivalutazione secondo gli indici ISTAT.

02/07/07

CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 02/07/2007, Sentenza n. 14972

Arbitrato rituale o irrituale - Interpretazione del compromesso - In dubbio pro arbitrato rituale.
Costituendo l’arbitrato irrituale un istituto atipico, derogatorio dell’istituto tipico regolato dalla legge e sfornito delle garanzie previste dal legislatore, deve ritenersi che, in mancanza di una volontà derogatoria chiaramente desumibile dal compromesso o dalla clausola compromissoria, il riferimento delle parti alla soluzione di determinate controversie mediante arbitrato normalmente costituisce espressione della volontà di fare riferimento all’arbitrato rituale, ossia all’istituto tipico regolato dal codice di procedura civile.

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