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13/02/09

Corte Cass. sent. 3532/09


Fattura - spedizione - pagamento - legittimità - sussistenza [art. 21, Legge I.v.a.]

Le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo, secondo la legge; tuttavia, la spedizione della fattura non si presta ad essere ricondotta all'operazione di emissione.
Se le parti prevedono come forma di consegna della fattura la sua spedizione ed il costo ne è anticipato da chi la emette, il relativo rimborso non fa parte della base imponibile.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 13 febbraio 2009, n. 3532

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLO VITTORIA - Presidente - est.Dott. MAURIZIO MASSERA - Consigliere
Dott. ALFONSO AMATUCCI - Consigliere
Dott. ROBERTA VIVALDI - Consigliere
Dott. RAFFAELE FRASCA - Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 1429-2006 proposto da TELECOM ITALIA SPA, in procuratore speciale avv. Giovanni Venditti, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MERCADANTE 9, presso lo studio dell'avvocato CASTELLI AVOLIO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati SCOZZAFAVA OBERDAN TOMMASO, VIOLA GIUSEPPE, ARIETA GIOVANNI giusta procura in calce al ricorso;
contro- ricorrente -- Intimato -avverso la sentenza n. 443/2005 del TRIBUNALE di PAOLA, prima sezione civile, emessa il 15/06/2005, depositata il 29/08/2005, R.G.856/04;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/11/2008 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;udito l'Avvocato Giuseppe AVOLIO CASTELLI, Tommaso Oberdan SCOZZAFAVA, Giovanni ARIETA e Filippo SATTA; udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. DOMENICO IANNELLI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. - .ha convenuto davanti al giudice di pace di Paola la società Telecom Italia s.p.a.Ne ha domandato la condanna a restituirgli le somme, che nel tempo gli erano state addebitate come spese di spedizione postale della fattura dei costi del servizio telefonico.Ha sostenuto che l'addebito di quelle spese era in contrasto con quanto disposto dall'art. 21, ottavo comma, d.P.R. 26 agosto 1972, n. 633, la legge sull'iva, oltre che con gli artt. 1175, 1176 e 1375 cod. civ. e con l'art. 1, comma 2, lett. e) L. 30 luglio 1998, n. 281, sulla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti.La Telecom ha chiesto il rigetto delle domande.Il giudice di pace l'ha accolta, con sentenza 17.5.2004, che è è stata confermata dal tribunale di Paola.2. - La sentenza 29.8.2005 del tribunale è stata notificata il 4.11.2005 e la Telecom ne ha chiesto la cassazione con ricorso, la cui notifica, domandata il 30.11.2005, è stata eseguita a mezzo del servizio postale il 5.1.2006, con consegna a mani di ... , procuratore domiciliatario dell'attore nel giudizio di appello.- non ha svolto attività di difesa. La Telecom ha depositato una memoria.
Motivi della decisione
1. - Il tribunale ha deciso applicando la disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'art. 21 della legge sull'iva.La disposizione, insieme ad altre integrative e correttive del decreto 633 del 1973, vi è stata introdotta dal d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 687 e vi si è stabilito che .Scopo della norma è di segnare la distinzione tra ciò che fa capo all'operazione commerciale ed è valutabile come sua base imponibile per l'applicazione dell'imposta e della rivalsa e ciò che pertiene alla fatturazione dell'operazione, che il legislatore ha voluto restasse estraneo sia all'applicazione dell'imposta sia alla rivalsa.Ciò posto, è giustificato chiedersi se la spedizione della fattura - che può esserci come non esserci - per l'ipotesi in cui c'è, sia stata presa in considerazione dal legislatore come aspetto della fatturazione, il cui costo si è voluto come gli altri lasciare a carico di chi cede il bene o presta il servizio, o se, non potendo però essere considerata la spedizione della fattura una componente degli obblighi contrattuali di chi cede il bene o presta il servizio, il legislatore tributario non si sia solo limitato a non comprenderlo nella base imponibile.Sicché è rimasta al diritto civile ed alla volontà delle parti la disciplina della sopportazione del suo onere.Orbene, l'interpretazione letterale delle disposizioni dettate nell'art. 21 della legge iva a disciplina della fatturazione delle operazioni non somministra dati univoci a favore della prima conclusione, che è l'esito al quale è pervenuto il tribunale.La spedizione della fattura non si presta ad essere ricondotta all'operazione di emissione per il fatto che l'ultimo periodo del primo comma dell'art. 21 reciti, che .Posto che in base all'art. 21, quarto comma, e 6 della legge la fattura va emessa nel momento in cui l'operazione commerciale è o si considera eseguita, scopo della disposizione è individuare in quale momento la fatturazione si ha per effettuata: consegna o spedizione della fattura non costituiscono un segmento della fatturazione, ma il momento fino al quale e prima del quale non si può considerare compiuta.Né si riesce a cogliere per quale ragione, una volta avvertita dal legislatore l'esigenza di apportare una correzione al testo originario dell'art. 21 e di apportarla proprio perché la pretesa di trasferire sui clienti i costi della operazione di fatturazione manifestava d'essere d'ostacolo all'applicazione dell'imposta non si sarebbe scelta la via del parlare chiaro (id est: Le spese di emissione, consegna o spedizione della fattura e dei conseguenti adempimenti . . .) e si sarebbe scelta la criptica via di affidare l'espressione della volontà normativa ad una disposizione capace di prestarsi ad una diversa interpretazione e questo proprio nel momento in cui il legislatore avrebbe mostrato di voler in particolare soffermarsi sul ruolo della consegna della fattura e su quello succedaneo della consegna nel quadro della fatturazione.E per le stesse ragioni, non appare condivisibile l'operazione ermeneutica per cui consegna o spedizione - alla ricerca di una collocazione purchessia - andrebbero allora ricondotte almeno ai conseguenti adempimenti e formalità di cui si parla nel seguito della disposizione.
Per converso, le norme che nella legge iva determinano la base imponibile e le esclusioni del computo della base imponibile permettono di ritenere che, se le parti prevedono come forma di consegna della fattura la sua spedizione ed il costo ne è anticipato da chi la emette, il relativo rimborso non fa parte della base imponibile (art. 15 n. 3 della legge iva).A questo riguardo, si deve considerare che, in rapporto all'art. 1182 cod. civ., l'obbligazione di pagamento del costo del servizio telefonico va adempiuta al domicilio del creditore né importa che non sia già conosciuta dal debitore, bastando ai fini j della applicazione del terzo comma dell'art. 1182 cod. civ. che la somma dovuta alla scadenza sia determinabile in base ai criteri stabiliti nel contratto.
E perciò se le parti si accordano invece nel senso che il pagamento possa essere fatto dall'utente dietro ricevimento della-fattura che a spese dell'utente e mediante spedizione per posta'' gli è inviata dal gestore, questa spesa che per contratto deve ; essere sopportata dall'utente è anticipata dal gestore e così rientra tra quelle cui si applica l'art. 15 n. 3 della legge iva.
4. - Fondato è di conseguenza anche il terzo motivo, con il quale la Telecom torna a denunziare la violazione dell'art. 21, comma ottavo, del D.P.R. 26.10.1972, n. 633, mentre resta assorbito il quarto con cui è denunziato un motivo di falsa applicazione dell'art. 21, comma ottavo, che, nella interpretazione accolta dal tribunale, è considerato viziato da violazione degli artt. 41 e 76 Cost. per eccesso rispetto alla legge di delega, la L. 9 ottobre 1971, n. 825.5. - Resta da esaminare il secondo motivo.La cassazione vi è chiesta per il vizio di violazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione all'art. 21, comma 8°, D.P.R. 633 del 1972; dei DD.PP.RR. 29 marzo 1973 n. 156, 13 agosto 1984 n. 523 e D.M. 8.3.1997 n. 197, con particolare riguardo all'art. 53).La ricorrente osserva che, dopo l'entrata in vigore della legge iva, è stato emanato il D.P.R. 29 marzo 1973, n. 186 - il T.U. delle disposizioni in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni - che, all'art. 2 stabilisce che .Il successivo art. 194 T.U. (condizioni, limiti, diritti ed obblighi del concessionario) prevede che .In attuazione di tale disposizione del T.U. sono stati emanati il D.P.R. 13 agosto 1984 n. 523, relativo all'approvazione ed esecuzione delle convenzioni per la concessione dei servizi di telecomunicazione ad uso pubblico delle società , e il D.M. 8 marzo 1997 n. 197, concernente il regolamento di servizio e le condizioni di abbonamento al servizio telefonico.L'art. 53 di detta convenzione - prosegue ancora la ricorrente - dispone che .Osserva al riguardo la Corte, che, escluso, in accoglimento del primo e terzo motivo, che la questione oggetto della causa, trovi la sua soluzione nell'art. 21, ottavo comma, della legge iva, non spetta alla Corte e sarà compito del giudice di rinvio saggiare, in rapporto all'art. 53 della convenzione, la efficacia della clausola contenuta nelle condizioni generali di abbonamento, secondo la quale - come è notorio, ma è incontroverso - le spese postali di spedizione della fattura sono addebitate al cliente. E ciò in relazione al fatto che, formulando la clausola delle condizioni generali di contratto in modo da collegare l'obbligo dell'utente di pagare le spese di spedizione postale alla sola condizione di riceverla, la Telecom mostra di non aver trasfuso nel suo contenuto la salvezza di quella facoltà - che l'utente ha ed alla quale la Telecom si è invece più volte richiamata nei suoi scritti difensivi - di scegliere modalità alternative dì ricezione ed in particolare quella del ritiro presso gli uffici della stessa Telecom, cui si è ora venuta ad aggiungere la trasmissione telematica {sulle possibili conseguenze della mancata osservanza, nella conclusione del contratto, di norme di comportamento poste a tutela di diritti dell'altra cfr. Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007 n. 26724).Sicché anche il secondo motivo resta assorbito.6. - La sentenza è cassata.La causa è rinviata al tribunale di Paola, che ne giudicherà in persona di diverso magistrato.7. - I diversi orientamenti maturati dai giudici di primo grado in questo vasto contenzioso giustificano che le spese del giudizio di cassazione siano dichiarate compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e terzo motivo, dichiarati assorbiti gli altri, cassa e rinvia al tribunale di Paola in persona di diverso magistrato; dichiara compensate le spese del giudizio di cassazione.Così deciso il giorno 19 novembre 2008, in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione.

Il presidente, relatore ed estensore
Paolo Vittoria.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA oggi 13 FEB. 2009.

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